Il direttore della Mowag di Kreuzlingen Oliver Dürr avrebbe voluto esportare in Qatar il prototipo di un panzer Piranha nella speranza di vincere una commessa da 1 miliardo di franchi. Il Consiglio federale però non gli ha permesso di farlo. "Questo caso ma anche altri progetti in Medio Oriente per noi significano miliardi persi. Certo non avevamo la certezza di poter vincere quei concorsi, ma per noi è un già un peccato non avere nemmeno potuto presentare la nostra offerta", ha spiegato alla RSI.
È dal marzo 2015 che il Governo ha stretto le viti sulle esportazioni di materiale bellico verso i paesi del Gofo Persico, coinvolti nella guerra in Yemen. Una stretta allentata lo scorso aprile quando ha dato luce verde alla fornitura di beni militari e a duplice impiego per 178 milioni, reputando che non verranno usati nella guerra in Yemen. La Mowag non ha appunto beneficiato di questa decisione.
Ma di che prodotti stiamo parlando? La legge svizzera distingue tra materiale bellico, armamenti in senso stretto, e beni militari speciali o a duplice impiego, come ricetrasmittenti, simulatori ma anche alcune munizioni e aerei.
Il Consiglio federale può impedire l'esportazione di materiale bellico se il Paese destinatario è implicato in un conflitto armato interno o internazionale, se viola i diritti umani, se c'è il rischio che usi quel materiale contro la popolazione o se lo potrebbe trasferire altrove. Per i beni a duplice impiego ogni richiesta è invece valutata a sé dalla Confederazione.
Dal 2000 in avanti le esportazioni di materiale bellico sono oscillate, per diminuire a 446 milioni di franchi nel 2015. Per queste merci il Medio Oriente è un mercato di secondaria importanza.
L'evoluzione delle esportazioni nell'ultimo quindicennio
Il Medio Oriente è però uno sbocco importante per i beni "dual-use". Lo scorso anno sono state avallate richieste per 1,73 miliardi di franchi, quasi la metà (806 milioni) per il Medio Oriente.
A farla da padrone è spesso l'Arabia Saudita, che guida la coalizione anti-ribelli in Yemen. Fabian Maienfisch della Segreteria di Stato per l’economia ha spiegato alla RSI che, per quanto riguarda il via libera di beni verso la terra saudita, si è trattato di 33 richieste di beni a duplice impiego. Nello specifico di macchine utensili e di armi sportive o da caccia per privati. Per i beni militari speciali è invece stato accordato un prolungamento di commesse già autorizzate per aerei d’esercitazione non armati (come previsto dall'articolo 23 della legge). La proroga è stata decisa dal gruppo interdipartimentale competente (SECO, DFAE, DATEC E DDPS). Per la Confederazione questi prodotti non avrebbero rilevanza per un uso militare in Yemen.
Quest'anno gli affari continuano ad andare bene. Nei primi 9 mesi nel 2016, la Svizzera ha esportato oltre 306 milioni di franchi di materiale bellico e ha avallato la vendita di beni militari e a duplice impiego per 1 miliardo e 130 milioni.
Con una mozione in Parlamento, la consigliera nazionale socialista Priska Seiler Graf chiede un nuovo blocco per le commesse nel Golfo persico e l'annullamento delle licenze di aprile. "La situazione in Yemen è cambiata. Il conflitto si è esteso ulteriormente toccando il territorio saudita e bisogna riesaminare tutte le licenze. Il rischio che del materiale bellico parta dalla Svizzera e venga poi utilizzato in conflitti armati è molto alto" , ha precisato, spiegando che si tratta di una questione etica.
Peter Dietrich, direttore di Swissmem, reputa invece che "per l'industria svizzera è importante poter lavorare con una prassi coerente e non troppo restrittiva".
Il Parlamento discuterà presto degli atti parlamentari che chiedono di ripristinare la moratoria sulle esportazioni di armamenti verso il Golfo Persico.
Davide Paggi
Industria bellica, esportazioni che fanno discutere
Telegiornale 01.10.2016, 22:00