Sono ormai trascorsi più di 30 anni da quando la British Telecom annunciava il ritiro delle storiche red phone booth. Inevitabile epilogo di un’onorata carriera durata oltre 80 anni. Nell’era della rivoluzione digitale, le cabine rosse appaiono come un pittoresco baluardo del passato, di abitudini composte da sacchetti di gettoni (o monete), estenuanti attese sotto la pioggia, conversazioni bruscamente interrotte. Rituali che risalgono addirittura agli anni ‘20, quando nascevano i primi modelli, disegnati dal famoso architetto Sir Giles Gilbert Scott.
L’evoluzione K
All’epoca il servizio pubblico delle telefonia è in mano alle Poste, ma le prime cabine (non ancora rosse), denominate Kiosk No.1, non piacciono. Nel 1923 viene indetto un primo concorso, con risultati insoddisfacenti. La Royal Fine Arts Commission ne organizza un secondo, riservato a tre prestigiosi architetti. Lo vince Giles Gilbert Scott - celebre per la Cattedrale di Liverpool e la centrale elettrica di Battersea -, con ampie modifiche, però, imposte dai committenti. Scott immagina la costruzione di cabine grigie in acciaio, il Post Office gli impone l’uso della ghisa e il color rosso per renderle più facilmente riconoscibili.
Successo K6
Tanto pesanti (una tonnellata) quanto costosi (50 sterline), i primi 1.500 chioschi vengono installati nella sola Londra. Nel 1929 esce l’evoluzione K3 in calcestruzzo, color crema con bande rosse, più economica, pensata per tutta la nazione. Sostituita - qualche anno più tardi - dal K4, progettato dagli ingegneri delle Poste: non solo telefono, ma anche cabina per le lettere e distributore di francobolli. Un cambiamento non fortunato, così come il modello successivo. E’ arrivato fino ai giorni nostri, viceversa, il K6, realizzato nuovamente da Scott per celebrare i 25 anni di regno di Carlo V. Simili al K2, le nuove cabine sono piccole e più leggere, presenti in 20mila esemplari in tutta la nazione. Fino a quando la privatizzazione del servizio ha cominciato a sostituire i vecchi con nuovi modelli, più moderni ma dal design decisamente meno sofisticato.
Lorenzo Amuso