Prostituzione, lavoro nero, accattonaggio, microcriminalità, espianto di organi, traffico di neonati, matrimoni forzati. In sintesi: "tratta di esseri umani". Secondo alcune stime 20 milioni di persone nel mondo (dati 2012 ILO - Organizzazione internazionale del lavoro) e 800mila in Europa (dati 2013 commissione CRIM del Parlamento europeo) vengono sfruttate per questi scopi, spesso reclutate tra le fasce più povere della società con la falsa promessa di un lavoro e di una vita migliore. Per le vittime l’illusione dura il tempo di un viaggio di sola andata, magari proprio in Svizzera, prima di vedersi tolto quel poco di vita e dignità che restava loro. Per i criminali, gruppi organizzati o persone senza scrupoli che si attivano individualmente, si tratta di un business da oltre 30 miliardi di franchi.
La Bulgaria - ne abbiamo riferito nella prima puntata (vd correlati) - è un paese nel mirino di queste organizzazioni. Educazione e integrazione sono invece gli obiettivi dichiarati delle autorità bulgare per prevenire il fenomeno della tratta di esseri umani. Un percorso lungo, difficile e pieno di ostacoli, fra diffidenze reciproche e oggettivi problemi strutturali. La Svizzera vi contribuisce direttamente e indirettamente, in particolare nell’ambito del contributo all’allargamento dell’UE (l’ammontare complessivo per la Bulgaria è di 76 milioni di franchi).
Le strutture educative
La Confederazione conduce 15 progetti volti a ridurre le disparità sociali ed economiche, che vanno dalla costruzione di asili all’introduzione del sistema formativo duale (il nostro apprendistato). Proprio a Burgas, all’entrata del quartiere Pobeda, la Direzione sviluppo e cooperazione ha promosso la costruzione di un asilo e la conduzione di programmi educativi nell’ambito dell’igiene e della sanità.
Roland Python, responsabile del relativo Ufficio di coordinamento, ci spiega in cosa consistono i progetti in corso a Pobeda.
Roland Python, responsabile dell'Ufficio di coordinamento del contributo all’allargamento
Python: "Due gli obiettivi principali. L'apprendimento della lingua e la socializzazione"
RSI Info 26.10.2016, 23:28
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I progetti svizzeri che riguardano direttamente la popolazione Rom ammontano a complessivi 12 milioni di franchi. Un contributo accolto come una benedizione da parte di chi, a Burgas come in altre cittadine, è impegnato al fronte per prevenire il fenomeno dello sfruttamento.
Le sfide del presente: identificazione e collaborazione
La lotta alla tratta di esseri umani passa sì dalla prevenzione ma anche da un quotidiano fatto di migliaia e migliaia di persone che ancora vanno identificate, protette ed eventualmente rimpatriate nella speranza –col loro contributo- di riuscire a perseguire penalmente i criminali. Il tutto nell’ambito di una collaborazione internazionale senza la quale ogni sforzo risulterebbe vano.
La Confederazione partecipa attivamente a programmi che perseguono questi scopi, anche e soprattutto in seno all’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), senza dimenticare l’attività di coordinamento all’interno dei confini nazionali. Proprio in Svizzera, dove nel 2014 sono stati registrati 46 casi di tratta di esseri umani e sono state emesse 15 condanne penali in materia, la sfida è ancora più complicata, dice Gerald Neuhaus, ex ispettore di polizia a Neuchâtel e consulente OSCE.
Neuhaus: "In Svizzera, la cooperazione cantonale rende le inchieste forse più difficili che altrove..."
RSI Info 26.10.2016, 23:34
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Lo scambio di informazioni di natura giudiziaria a livello intercantonale e internazionale è supportato dall'Ufficio federale di polizia, mentre il coordinamento fra tutte le entità che in Svizzera agiscono nella lotta alla tratta di esseri umani è garantito da un apposito servizio chiamato SCOTT. La collaborazione funziona bene, dicono le autorità federali, per Rebecca Angelini -del centro di FIZ di Zurigo- ci sono comunque ampi margini di manovra strutturali dovuti alle enormi differenze esistenti fra i vari Cantoni nell’approccio al tema.
Angelini: "Agire affinchè su tutto il territorio ogni vittima possa essere identificata e sostenuta"
RSI Info 28.10.2016, 00:55
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La lotta (ri)parte da Palermo
La tratta di esseri umani è stata definita per la prima volta, a livello internazionale, nel “Protocollo di Palermo” del 2000, documento addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale. Cosa è stato fatto nel frattempo? Quali sono gli ostacoli maggiori incontrati dai vari Paesi europei nell’identificazione delle vittime, nello scambio di informazioni e nel perseguire i criminali? Anche secondo Georgina Vaz Cabral, esperta e consulente all’Ufficio del rappresentante speciale OSCE contro la tratta di esseri umani, il problema non sta tanto nella legislazione ma nella sua attuazione. A suo dire, inoltre, è fondamentale aiutare i Paesi in difficoltà per prevenire la fuga di persone che inseguono false promesse di lavoro all’estero. Non da ultimo, ogni cittadino deve aprire gli occhi: la tratta di esseri umani è attorno a noi.
Vaz Cabral: "Queste persone sono vittime, poichè versano in situazioni di vulnerabilità"
RSI Info 28.10.2016, 00:46
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Spezzare le catene
Alcune fra le ex vittime che abbiamo incontrato in Bulgaria sono sulla buona strada, per altre il cammino sarà ancora lungo e tortuoso. Non sapremo mai quante donne, uomini e bambini sono realmente sfruttati in Svizzera, in Europa, figuriamoci nel mondo intero.
Gergana, Irina e Mila (quest’ultima non ha voluto parlare della sua esperienza passata ma solo dei suoi progetti futuri) ognuna con le proprie enormi difficoltà, hanno accettato di esprimersi anche per dimostrare che qualcosa, comunque, si può fare. Per dirci che c’è ancora una vita oltre le catene.
"Non voglio più parlare del passato. Voglio pensare a qualcosa di positivo..."
RSI Info 26.10.2016, 23:54
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Gian Paolo Driussi