L’atmosfera si è fatta più tesa e seria a Singapore, dopo giorni di euforia per lo storico summit tra Donald Trump e Kim Jong-Un che ha scatenato la creatività di una città solitamente pragmatica.
I 2500 giornalisti presenti sono ora focalizzati sugli spostamenti dei due leader che alloggiano in due alberghi di lusso a 500 m di distanza l’uno dall’altro, ma che si incontreranno ad un paio di chilometri dal centro, a Sentosa, una piccola isola dell’isola, che è normalmente un’attrazione turistica, con parchi divertimento e bar sulla spiaggia.
C’è chi ha criticato e definito inopportuna l’attenzione dedicata ai ristoranti che offrono bibite e piatti ribattezzati con i nomi dei due leader, ai negozi che vendono magliette e souvenir, ad una vera e propria febbre da summit, ricca di opportunità commerciali.
Anche se i diritti umani non saranno tra i principali temi in discussione, gli attivisti ricordano che la Corea del Nord rimane un regime totalitario, colpevole di gravi abusi contro la sua popolazione e i due rivali sono in città per affrontare temi delicati e ricchi di insidie.
Singapore prima di tutto vuole dimostrare di essere un padrone di casa serio, neutrale, capace di garantire la sicurezza. Qui le manifestazioni di protesta non sono ammesse, forse una delle ragioni per cui è stata scelta, oltre al fatto che l’isola intrattiene relazioni diplomatiche sia con gli Stati Uniti, che con la Corea del Nord. E’ uno dei pochi paesi che ancora ospita l’Ambasciata della Corea del Nord.
Singapore ha già dimostrato in passato di saper organizzare incontri diplomatici di altissimo livello come quello del 2015 tra il presidente cinese Xi Jinping e l’ex presidente Taiwanese Ma Ying-Jeou.
Pacifica, sicura, affidabile, una città che si definisce spesso miracolo economico, è simbolo di successo e modernità a cui forse la Corea del Nord aspira per il futuro. Le autorità locali si dicono orgogliose di fare da scenario ad un evento che passerà alla storia, qualsiasi sia il suo esito.
Loretta Dalpozzo