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Oltre il mondo delle Hijras

Gay e lesbiche, in India, sono fuorilegge, i "transgender" invece hanno il passaporto, ma sono portafortuna

  • 30 novembre 2016, 07:19
  • 4 ottobre 2023, 17:31
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Dehli gay prade, 27 novembre - di Chiara Reid

RSI Info 30.11.2016, 07:00

  • ©Chiara Reid

L’India può apparire, da fuori, come un Paese pieno di contraddizioni, ma sostanzialmente tollerante e aperto, proprio per la sua natura caleidoscopica e multicentrica. L’impalcatura sociale resta però conservatrice e tradizionalista. Essere gay o lesbiche è un tabù. Anzi, è un crimine punito ancora oggi da una norma del codice penale: l’articolo 377. Detto articolo risale a due secoli fa. La morale, allora, era quella vittoriana. Seppure contestato a più riprese resta in vigore e punisce “atti contro natura” con l’ergastolo o almeno 10 anni di prigione. Più volte la comunità LBTG ha cercato di cancellarlo. Nel 2009 ci era, temporaneamente, riuscita grazie alla Corte di New Delhi. Ma nel 2013 la Corte suprema ha cancellato questa decisione, rimandando il tutto alla discussione del parlamento che ha votato contro ogni revisione di questa norma.

È anche per questo che la marcia degli omosessuali che si è svolta domenica pomeriggio nella capitale, ha un significato che va oltre la partecipazione, entusiasta ma limitata - un migliaio di persone in una metropoli di oltre 20 milioni di abitanti - della colorata comunità LBTG.

Senza contare che anche le cosiddette Hijras, transessuali e eunuchi che da sempre hanno avuto un posto nell’arcipelago sociale indiano, sono sul piede di guerra. Nonostante due anni fa abbiano ottenuto il diritto a dichiararsi “terzo genere” sui documenti e sul passaporto, in realtà non vengono accettate socialmente, se non nella nicchia loro affibbiata: per portare fortuna ai matrimoni e nei riti religiosi, per chiedere l’elemosina per strada e per lavorare nella prostituzione.

Un attivista e omosessuale che vive nella capitale, Monhish Malhotra, ci ha raccontato che è ben diverso vivere in una metropoli o nelle campagne, e comunque, il fattore di accettazione principale viene dalla famiglia. Quella indiana non sembra pronta ad accogliere la diversità sessuale. Ne risultano innumerevoli sofferenze, con allontanamento dei giovani e situazioni di grave emarginazione.

Chiara Reid

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