I rapporti con Londra sono ai minimi storici. Non solo per la tradizionale diffidenza scozzese verso il centralismo autoreferenziale della capitale. Nonostante il cospicuo contingente di parlamentari che gli indipendentisti dello Scottish National Party sono riusciti ad eleggere nel 2015 (54 su 59 seggi scozzesi), il governo sembra più che mai sordo alle istanze che provengono dal nord dell’isola. Al termine dell’ultima visita a Downing Street, la Prima ministra scozzese Nicola Sturgeon non ha nascosto la propria delusione: “È stato un incontro profondamente frustrante”. Si aspettava qualche rassicurazione sul futuro della Scozia, sotto forma di concessione autonomista: la posizione della Premier Theresa May, viceversa, è stata una volta ancora, irremovibile. Nessuna deroga o defezione. Il Regno manterrà "un approccio unitario" nei negoziati per l’uscita dall’Unione Europea.
Due scenari
Edimburgo è così costretta ad attendere: sarà “hard” o “soft” Brexit? Se gli scambi commerciali con il resto del Regno valgono 58 miliardi di franchi, quelli con l’Europa rappresentano comunque 14,5 miliardi. Perderli sarebbe grave, da qui le preoccupazioni dell’esecutivo di Holyrood che usa il referendum come implicito ricatto. Un divorzio “duro” da Bruxelles significherebbe l’uscita dal mercato unico, ma anche più probabilità di un secondo referendum indipendentista. L’intransigenza di Londra non sarebbe compresa dagli scozzesi che in larga maggioranza avevano votato per restare nell’Unione lo scorso giugno. Un’uscita meno traumatica, viceversa, se da un lato tutelerebbe gli interessi economici scozzesi, dall’altro risulterebbe un micidiale sedativo per le istanze separatiste.
Sentenza Corte Suprema
Alle prese con la mano di poker più difficile, incerta se rilanciare o passare, Sturgeon da una parte promettere “di essere ragionevole", ma avverte che non resterà a “guardare mentre la Scozia viene gettata nell'abisso della ‘hard’ Brexit”. Un inatteso quanto prezioso aiuto potrebbe arrivare dalla Corte Suprema, che entro Natale deciderà se spetta al Parlamento l’ultima parola sulla Brexit. In caso di nuova sconfitta del governo, la parola passerà a Westminster dove il contingente scozzese ha Scozia, tra Europa e Regno già fatto sapere che voterà per annullare l’esito referendario. Improbabile che ci riesca, ma al cospetto di un Parlamento in maggioranza eurofilo, anche i deputati euroscettici saranno costretti a concessioni ed aperture oggi difficilmente immaginabili.
Lorenzo Amuso