“Quando in famiglia c’è un problema legato all’alcol, la sofferenza dei bambini spesso è silenziosa e caratterizzata da sensi di colpa rispetto al malessere del genitore e da una sorta di responsabilizzazione degli accaduti. C’è poi una sensazione di vergogna - soprattutto quando il problema ha conseguenze eclatanti - che il figlio riesce meno a elaborare rispetto all’adulto. Infine spesso capita anche che questi ragazzi diventino bambini modello, perché con questo atteggiamento cercano di coprire l’aspetto disfunzionale del genitore”.
"Tutti componenti del nucleo famigliare soffrono"
Sono parole di Dario Gennari, responsabile dei “Consultori alcologia” per Ingrado, per il quale è comunque importante sottolineare che se in famiglia c’è un problema di questo tipo “tutti i componenti del nucleo vivono una situazione di sofferenza e questo indipendentemente da chi beve”.
Circa 30'000 persone toccate dal problema alcol
Ovvio, gli replichiamo noi, ma durante questa settimana dell’alcol , abbiamo deciso di puntare il nostro obbiettivo su questo aspetto e in particolare sui bambini tra zero e dieci anni. Difficile quantificare quanti siano quelli che vivono una situazione così delicata; c’è comunque qualche certezza: “in Ticino le persone con problemi legati al alcol sono circa 10'000, - spiega Gennari - quindi dovrebbero essere circa 30'000 quelle che direttamente o indirettamente sono toccate dalla problematica e l’impressione è che sia una sottostima”.
Il genitore sta male e si può curare
Tra loro sicuramente anche molti bambini sintonizzati sulla sofferenza dei genitori e confrontati con domande tipo: morirà? Verrà ospedalizzato? Non vivremo mai più insieme? “Fantasie che diventano incubi – precisa Gennari – In questi casi bisogna far passare il messaggio che il genitore sta male e si può curare, perché sennò il bimbo assume su di sé la responsabilità di tutti gli eventi negativi”.
L'importante è parlarne
Già, ma come fare a far passare questo messaggio? “Forse qualcuno - soprattutto i più grandi - riuscirà da solo a capirlo, ma l’importante è che il ragazzo ne parli con qualcuno e cerchi aiuto, perché deve fare il bambino e non l’infermiere o il medico. Nessuno deve rubargli la sua infanzia”. In pratica deve riappropriarsi del suo ruolo di bambino all’interno della famiglia. “Se non ce la fa da solo - e questo succede spesso - è importante che vi sia la possibilità di un aiuto esterno, che sovente è fornito dalla scuola”, sottolinea Gennari.
L'importanza della scuola
Il fatto che il bambino cerchi aiuto a scuola non deve sorprendere: “Un figlio esce dalla famiglia a tre anni e in questa istituzione trova le prime figure esterne al suo nucleo famigliare, che possono avere un ruolo di fiducia”. Proprio per questo Ingrado ha da poco pubblicato la versione italiana di un opuscolo edito da “Dipendenze svizzere” intitolato "Boby". È un libretto che racconta la storia di un cane con problemi di dipendenza e del suo figlioletto: “illustra i sentimenti di cui abbiamo parlato poc’anzi e spiega anche come uscirne”. Parlandone, appunto.
Sandro Pauli