C’è un Bürgenstock noto ai più, fatto di grandi presenti. E di sedie vuote. Ci saranno gli alti rappresentanti del blocco occidentale, ma non Russia – non invitata – e Cina, assenti a cui si aggiunge una nutrita pattuglia di BRICS, i Paesi emergenti.
Ma anche le religioni – il fattore R del titolo - vogliono dire la loro. Quasi in sordina, il grande incontro svizzero vedrà sul suo palcoscenico principale alcuni rappresentanti delle Chiese più importanti, quella cattolica e il Patriarcato ortodosso ecumenico di Costantinopoli. Mancherà invece – ed è un’assenza non da poco – un rappresentante del Patriarcato di Mosca, dall’epoca del primo zar Mikhail Romanov solido alleato del potere statale russo.
La posizione di Papa Francesco è nota. Pace e negoziato sono in cima alla sua lista di parole preferite, a costo – lo ha detto a marzo alla RSI – di chiedere all’Ucraina di alzare “bandiera bianca”, un termine che non è decisamente piaciuto a Kiev.
Papa Francesco è stato invitato al Bürgenstock direttamente dalla presidente della Confederazione, Viola Amherd, in visita in Vaticano lo scorso 4 maggio. Bergoglio non verrà, forse rispettando la sua proverbiale equidistanza che più di una critica – o una lode – gli ha provocato. Una scelta, la sua, che pare quasi una critica sottile a un vertice che lascia fuori dalla porta Mosca, pur salvaguardando il ruolo diplomatico che la Santa Sede svolge attivamente da oltre due anni.
Lo sostituirà Pietro Parolin, segretario di Stato – il “ministro degli esteri” numero due della gerarchia vaticana –, preferito al cardinale Matteo Maria Zuppi, inviato vaticano sui due fronti. Quella di Zuppi è però – per la questione ucraina - la figura centrale della diplomazia vaticana, apprezzata da Kiev ma anche da Mosca. E si capisce perché: in una recente intervista all’agenzia russa Tass, Zuppi ha difeso la “bandiera bianca” di Bergoglio, affermando che “non significa capitolazione ma una soluzione del conflitto sulla base del diritto e con l’aiuto di tutta la comunità internazionale”.
Diversa la situazione sul fronte ortodosso. Bartolomeo I – il primus inter pares della galassia ortodossa – sarà presente al Bürgenstock. Il patriarca si è profilato come il grande artefice del ricongiungimento della Chiesa ortodossa ucraina a Costantinopoli, voltando le spalle al Patriarcato di Mosca, che pure conta una propria nutrita comunità in Ucraina.
Il patriarca di Costantinopoli è dunque considerato più vicino a Kiev che non alla Russia di Putin. Non va dimenticato che la pace è una sfida urgente anche per le Chiese ortodosse presenti sul suolo nazionale. Sulla rete circola in questi giorni un appello ai delegati del Bürgenstock affinché spingano il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj a non danneggiare la Chiesa ortodossa (la cosiddetta UOC) ancora legata al Patriarcato di Mosca. Si parla di preti imprigionati e luoghi di culto distrutti. Una situazione di cui non c’è traccia sui media occidentali.
L’appello dimostra quanto poco si faccia attenzione a questa frattura interna. Non c’è solo l’Ucraina spaccata tra regioni, lingue, popolazioni. C’è anche una faglia che si sta allargando tra ortodossi con riferimenti politici opposti. Non si potrà parlare di pace duratura sino a che non ci si occupi anche di queste situazioni. La diplomazia svizzera al Bürgenstock potrebbe servire a dare una risposta alle divisioni poste dal fattore R.
(Questo articolo viene pubblicato anche da Catholica, l’inserto del Corriere del Ticino).
La conferenza del Bürgenstock
Telegiornale 14.06.2024, 20:00