Mai prima d'ora in Svizzera il Consiglio federale aveva adottato misure così incisive per proteggere la salute dei cittadini. Cosa ha spinto ora il Governo a decretare il livello definito di "situazione particolare" per l'emergenza coronavirus? La RSI lo ha chiesto al consigliere federale Alain Berset.
RG 18.30 del 28.02.20 - L'intervista di Mattia Serena al consigliere federale Alain Berset
RSI Info 28.02.2020, 22:37
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-Non è mai successo prima d’ora che in Svizzera si introducessero queste misure speciali. Come mai si è arrivati a questo punto, perché si è reso necessario un intervento del Governo?
Va detto che la situazione è cambiata notevolmente in una sola settimana. Abbiamo visto l’evoluzione nel Nord Italia. L’Italia ha perso la tracciabilità del contagio. Abbiamo poi avuto il primo caso in Svizzera. Martedì, in Ticino. E poi ce ne sono stati tanti altri. Oggi siamo a più di 10. E poi la situazione in Germania, dove si sta perdendo il controllo della tracciabilità del contagio. È importante che insieme ai Cantoni si agisca al momento giusto, non troppo tardi, e con delle misure proporzionate ed efficaci per contenere l’evoluzione del virus.
-Perché è stato fissato un limite di mille persone e non si sono considerati altri luoghi molto affollati? Penso – ad esempio - ai treni negli orari di punta…
Vede, si può non agire per tanto tempo e poi - in un colpo solo - adottare delle misure drastiche, e chiudere tutto. Il Consiglio federale ha invece cercato di prendere delle decisioni graduali, e ha iniziato con misure non troppo incisive. Misure che permettono tuttavia di contenere il virus, e che si concentrano là dove c’è bisogno, dove il virus potrebbe facilmente essere trasmesso. Questo noi non lo vogliamo perché sennò si perderebbe la tracciabilità del contagio. È chiaro che la situazione cambia tutti i giorni. La seguiamo costantemente, con l’obiettivo di proteggere la salute della popolazione. Se bisognerà adottare delle restrizioni, lo faremo, proprio nell’interesse pubblico. Se bisognerà andare oltre, lo decideremo più avanti.
-La situazione cambia di ora in ora. Alle misure di oggi, domani se ne potrebbero aggiungere altre. Dovesse aumentare di molto il numero di contagi, sono previste misure più incisive come limitare ad esempio il movimento dei cittadini e introdurre una quarantena forzata?
I Cantoni hanno la possibilità di adottare altre misure. A dipendenza della situazione in cui si trovano. Oggi abbiamo deciso di dichiarare la “situazione particolare” ai sensi della legge sulle epidemie. Cerchiamo così di prendere dei provvedimenti per contenere la propagazione del virus, là dove possiamo farlo. È chiaro che altre misure sarebbero teoreticamente possibili, se dovessimo perdere il controllo della situazione. Ma questo non è il caso. Oggi riusciamo a ricostruire la catena di contagio. Possiamo mettere in quarantena le persone. Ma la decisione di oggi ci permette di rinforzare la collaborazione con i Cantoni. Ho contattato io stesso il Canton Ticino. Lunedì ho parlato con il consigliere di Stato Raffaele De Rosa. Oggi con il presidente del Governo ticinese Christian Vitta. Per analizzare la situazione affrontandola assieme. E faccio la stessa cosa con tanti altri Cantoni.
-Un’ultima domanda sul Canton Ticino, che per primo ha introdotto divieti di manifestazioni: carnevali annullati e due partite di hockey verranno giocate a porte chiuse. In un certo senso ha anticipato i tempi. Ma c’è chi ancora non si sente sicuro e chiede la chiusura delle scuole e controlli alle frontiere. Non dimentichiamo che ogni giorno 67'000 frontalieri entrano nel cantone provenienti dalla Lombardia, la regione con più contagi in Italia e in Europa. Cosa risponde a queste richieste e alle preoccupazioni dei ticinesi?
È vero che il Ticino ha preso molto presto delle misure di sua competenza. La decisione di oggi del Consiglio federale sostiene e rafforza quello che ha fatto il Ticino. Ciò dimostra che il Cantone ha agito nel giusto modo, con misure giuste. Può chiaramente adottarne altre, come l’introduzione del lavoro ridotto o il telelavoro (il lavoro da casa) se è possibile. Quello che per noi è importante è avere un buon coordinamento tra Cantoni e Confederazione. La chiusura delle frontiere la si può fare - sarebbe un forte segnale simbolico - ma non avrebbe nessun effetto. I virus non si fermano alla frontiera. È in Svizzera, e probabilmente era già qui qualche settimana prima dell’adozione delle misure. Lo vediamo anche in altri Paesi che hanno reagito in modo molto severo (in Cina, e nel Nord Italia). Ma questo non ha permesso di evitare la propagazione del virus. Il Consiglio federale non si concentra su misure simboliche, ma su quelle che permettono di seguire la situazione. E dobbiamo agire in modo proporzionato. È quello che abbiamo fatto oggi, e devo dire che il lavoro che ha fatto il Ticino ma anche altri Cantoni è eccellente. Noi li sosterremo se vorranno fare di più, continueremo ad osservare la situazione giorno per giorno. Credo che questa collaborazione funzioni già bene.