Rischia fino a tre anni di carcere uno svizzero che va a combattere in Ucraina e a giudicare dai procedimenti penali aperti dalla giustizia militare - ben 13 - non devono essere pochi quelli che hanno deciso di farlo. Uno di questi fuorilegge si chiama Jona Neidhart e al Telegiornale della RSI dichiara: “Io sono solo, non ho figli, dunque devo andare. È una questione etica e morale. Davanti casa nostra dobbiamo proteggere una vittima da un aggressore che non si fermerà”.
Alcune settimane fa è ritornato in Ucraina per unirsi a una brigata, poi, se sopravvivrà, tornerà in Svizzera per scontare la sua pena, di nuovo. “Nel 2024 – racconta - notai che l’Europa iniziava a stancarsi della guerra e così tornai nella Confederazione per la Conferenza sulla pace e mi feci arrestare. Sapevo che in questo modo avrei potuto parlare con la stampa e creare dibattito”.
Ma gli idealisti – secondo un altro svizzero che vuole rimanere anonimo - sono pochi: per lo più si va al fronte per soldi, per sfuggire alla giustizia o perché non si è in grado di fare altro.
Lui è volontario da due anni, perché in civile aveva un lavoro che odiava e dove lo facevano sentire un buono a nulla. Ora ha uno scopo nella vita e tanti nuovi amici. “Qui si ricevono compiti precisi da portare a termine, qualcosa su cui focalizzarsi, inoltre gli altri per lo più ti supportano, vogliono che migliori, perché se tu sei bravo loro restano vivi ed è una cosa reciproca”.
In servizio non si parla del passato - aggiunge - un ebreo può combattere al fianco di un neonazista, non è l’ideale, ma l’uno sa di non poter sopravvivere senza l’altro.