Con la mancata attualizzazione lo scorso anno dell'accordo sull'abolizione degli ostacoli tecnici al commercio ("Mutual Recognition Agreement", MRA) la Commissione europea aveva reso noto che i dispositivi medici certificati in Svizzera non sono più riconosciuti nell'UE. Era tra le principali preoccupazioni, a livello interno, dopo il naufragio dell'accordo quadro: l'accresciuta difficoltà nel commercio internazionale di dispositivi medici come pacemaker e protesi mammarie.
Ora la Germania ha annunciato di voler riconoscere comunque le tecnologie mediche elvetiche, come ha comunicato martedì l'associazione del ramo Swiss Medtech. Dopo le disposizioni di Bruxelles, l'organizzazione aveva cercato di "avere influsso sulle autorità di sorveglianza dei mercati di altri paesi dell'UE" attraverso le associazioni nazionali attive nel settore, con l'obiettivo che singoli stati membri si mettessero contro la Commissione, scrive Swiss Medtech sul suo sito.
In Germania tali sforzi hanno avuto successo, e le attestazioni dell'Associazione svizzera per sistemi di qualità e di management (SQS), responsabile della certificazione, resteranno valide fino alle scadenze fissate dalla nuova ordinanza dell'UE sui dispositivi medici. Le aziende elvetiche potranno quindi continuare ad offrire i loro prodotti con certificazione SQS in Germania, a patto di aver nominato un incaricato nell'UE per tali dispositivi, spiega l'associazione. Una certificazione aggiuntiva nell'Unione Europea non è più necessaria.
Ad approfittarne sono 54 produttori svizzeri, con complessivamente 2'000 collaboratori, che insieme generano "un terzo del loro giro d'affari nell'UE", di cui la metà in Germania.
Una conquista per l'associazione Swiss Medtech, che si è battuta a tale scopo. Daniel Delfosse, membro di direzione, interpellato dai giornalisti di SRF ha riferito che "la Germania non ha fornito grandi motivazioni. Ha semplicemente dichiarato che da un punto di vista giuridico è giusto così, che questi certificati non devono essere considerati privi di validità. E ne siamo convinti anche noi. La Commissione europea li ha dichiarati non validi ingiustamente".