“Perché come svizzeri dovremmo essere interessati alle imminenti elezioni europee? Dobbiamo interessarcene perché, qualsiasi evoluzione pur minima del nostro partner commerciale e politico più importante, ha comunque riflessi sulla Confederazione e sulle sue relazioni, sulla sua sicurezza e soprattutto sulla sua economia. Quindi, anche se non ci aspettiamo grandi sconvolgimenti, è bene stare attenti a tutte le opportunità che possono crearsi. Opportunità che dipenderanno non tanto da un cambiamento di maggioranza, ma da un’auspicabile cambiamento dei protagonisti”. Così Giovanni Barone Adesi, professore emerito di Finanza all’USI, ai microfoni della RSI, analizza l’importanza delle prossime elezioni al Parlamento europeo, che si terranno dal 6 al 9 giugno.
L’economia svizzera – sottolinea il professore emerito - dipende molto dalle decisioni che vengono prese dall’Unione europea. “In particolare ci sono parecchi dossier ancora aperti; anche perché l’Europa, con l’attuale amministrazione, ha preso l’approccio che bisogna avere un accordo su tutto o su nulla. E quindi molte trattative sono bloccate”.
Quello che sembra emergere dai sondaggi – spiega Barone Adesi - è che l’attuale maggioranza sarà confermata, ma indebolita. “Quindi è possibile che i centristi cercheranno il tacito assenso o almeno la non-opposizione delle destre su qualche tema particolare. Fra l’altro questa operazione è stata resa più facile, nei giorni scorsi, dalle dichiarazioni del signor Maximilian Krah del partito tedesco Alternative für Deutschland (AfD), dichiarazioni che sono state molto estremiste; quindi gli altri partiti di destra si sono potuti distanziare e hanno detto che non faranno più un gruppo identitario assieme all’AfD”.
Se si concretizzasse lo scenario disegnato dai sondaggi, “probabilmente ci sarebbe un certo rallentamento della centralizzazione in Europa. E questo certamente giocherebbe a favore della Svizzera. Al contrario se il sistema europeo diventasse molto rigido, è chiaro che per la Svizzera sarebbe molto difficile adeguarsi”, dice il professore.
Tanti i temi al centro del dibattito nell’UE che coinvolgono, inevitabilmente, anche la Svizzera. Pensiamo “ad esempio a uno stretto coordinamento sulle politiche per l’Ucraina. Sostanzialmente gli Stati Uniti, e l’Europa in particolare, hanno un po’ forzato la mano alla Svizzera negli ultimi anni. Pensiamo, ad esempio, al dibattito in corso adesso in Svizzera sull’eventuale sequestro degli interessi dei beni russi in Svizzera. Naturalmente, se i Paesi europei seguono approcci più differenziati su problemi come questo o sul mercato elettrico o su qualsiasi altro dossier comunitario, è più facile accomodare una mosca bianca quale può essere la Svizzera. Nei tempi passati questo era in qualche modo facilitato dalla presenza del Regno Unito, che cercava sempre di mantenere le proprie particolarità. Adesso che il Regno Unito è uscito dall’UE, c’è stato un forte movimento accentratore, soprattutto ispirato dai francesi. E adesso può darsi che questo cambi, anche perché naturalmente la signora Le Pen è di tutt’altre idee”.
E la Svizzera italiana? “La Svizzera italiana, naturalmente, è particolarmente legata al Nord Italia. Abbiamo un forte mercato di esportazione per i nostri prodotti industriali in Germania, ma quello è già abbastanza sicuro penso, perché i tedeschi sanno che gli svizzeri sono affidabili e si sono sempre opposti agli estremismi autarchici di altri Paesi europei. Per quanto riguarda i rapporti con il Nord Italia saranno un po’ complicati dal fatto che comunque l’Unione Europea vuole che l’Italia rientri nei parametri finanziari da concordare (sembra saranno abbastanza simili a quelli precedenti). Questo richiederà un forte sforzo all’Italia. D’altra parte la Penisola fa di tutto per non diventare più efficiente. È un Paese che sembra governato da Kafka, francamente. Vi scopro sempre più burocrazia ed è davvero ridicolo. E quindi è chiaro che questa crisi continua italiana avrà risvolti sulla Svizzera italiana. Da una parte perché il nostro mercato naturale (il Nord Italia) soffre. E dall’altro perché le poche occasioni di lavoro che verranno generate, almeno per lavori qualificati, spingeranno sempre più giovani italiani a cercare lavoro all’estero. E naturalmente il Ticino è in prima linea su questo”.
Economia europea ed economia elvetica sono molto interconnesse. Che futuro possono avere di fronte a uno scenario in cui dovessero prevalere i populisti di destra?
“Direi che già la politica europea, alla fine, è molto populista. Anche se magari si definiscono di sinistra, poi alla fine sono tutti per la spesa facile. E l’Italia è molto orgogliosa se la sua crescita economica è lo 0,1% più alta di quella tedesca. Ma il vero problema è che nessuno cresce rispetto a un confronto internazionale. Quindi l’Europa si sta sempre più fossilizzando. Nessun cambiamento di maggioranza politica nel breve periodo cambierà questo disgraziato scenario. Quindi, più che altro, parliamo di retorica, ma poi sulla politica sono tutti favorevoli agli stessi provvedimenti. Un caso tipico: abbiamo visto il dibattito in Italia sui misfatti del cosiddetto super-bonus per rinnovare le abitazioni. In realtà molti dei ministri del Governo attuale che protestano erano anche nel governo precedente; hanno approvato tutte le misure che adesso contestano. Quindi è un po’ un gioco delle parti che è poco serio, francamente. Ma naturalmente la Svizzera deve cercare diplomaticamente di barcamenarsi nella situazione del continente in cui si trova”.
E questa situazione è destinata ad allontanare la Svizzera dall’Europa?
“Sì, certamente. Gli svizzeri sono poco incoraggiati da questo andazzo. E c’è una totale mancanza di serietà. E non solo sui problemi interni, ma anche sulla politica estera. Ad esempio osserviamo il paradosso della Francia: minaccia interventi armati in Ucraina, ma non manda quasi aiuti militari, però fa la voce grossa. Mentre i tedeschi mandano aiuti militari e naturalmente gradirebbero che la situazione si normalizzasse, perché non hanno piacere a spendere tante risorse e a litigare con la Russia (loro fornitore naturale di materie prime). Ci sono membri dell’Unione Europea, come la Francia appunto, che sopperiscono alla mancanza di aiuti inviati da loro stessi alzando i toni. E questo naturalmente è poco conveniente per l’Europa in generale. Un altro problema che abbiamo visto negli anni recenti è l’idea francese di portare avanti una propria politica in Africa: si è conclusa in un disastro totale nei paesi del Sahel. E adesso russi e cinesi dominano la situazione lì. I francesi hanno rovinato non solo la propria posizione, ma anche quella degli altri Paesi europei, come l’Italia. Quindi è una situazione abbastanza tragica, direi, e non vedo come l’Europa possa uscirne nel breve periodo. Naturalmente contano molto anche le persone. L’attuale Commissione europea è composta da nullità. Se per caso, per qualche miracolo, ci sarà gente un po’ più illuminata nella prossima, magari il quadro non sarà così fosco come lo sto dipingendo adesso. Ma naturalmente parlo sulla base delle maggioranze esistenti, che credo verranno confermate. Speriamo che i leader del prossimo turno siano migliori”.
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