Ginevra, da un Papa all’altro

Trentaquattro anni fa un Papa, Giovanni Paolo II, entrò al Consiglio ecumenico delle Chiese.

Disse di essere il vescovo di Roma, ricordò che ruolo storico avesse il successore di Pietro, invitò gli altri cristiani a fare i conti, in chiarezza e amicizia, con questo fatto.

Trentaquattro anni dopo, giovedì, un altro Papa tornerà a varcare quella porta. Anche lui si presentò come il vescovo di Roma. Ma era un’altra occasione, la sera della sua elezione, parlava a braccio alla folla. Non disse – sono il vostro Papa – ma “sono il vescovo di Roma”, quasi a sottolineare la sua volontà di essere uno tra i molti. Un pastore di anime, insomma.

Il cammino dell’ecumenismo, giovedì a Ginevra, si gioca anche sulle parole. Bergoglio vuole eliminare dalla strada dell’unità fra i cristiani ogni possibile ostacolo. La figura del Papa, intesa come capo supremo, indispone le altre Chiese cristiane. Vedremo gli accenti che Francesco userà. Ma siamo sicuri che la differenza, rispetto al passato, sarà visibile.

La Diocesi di Friborgo, Losanna e Ginevra rischia il dissesto finanziario, se non troverà i 2,2 milioni necessari a coprire i costi della messa al Palexpo che chiuderà la giornata ginevrina di Francesco. In casa evangelico-riformata non hanno il Papa ma non va meglio. I festeggiamenti per i 500 anni della Riforma, nel 2017, sono costati più del doppio del previsto. Urgono finanziatori supplementari.

È l’effetto di patrimoni e fedeli in calo. Anche le Chiese devono fare i conti con i soldi. È il segno dei tempi.

Bruno Boccaletti