Mohamed Abedini Najafabadi: un nome rimasto molto sottotraccia in questi giorni ma che da qualche ora sta assumendo una eco sempre più grande. Il suo fermo, il 16 dicembre a Malpensa, potrebbe infatti essere legato all’arresto, pochi giorni dopo, della giornalista italiana Cecilia Sala.
Abedini, infatti, è finito in manette poco dopo essere atterrato all’aeroporto lombardo, in arrivo dalla Turchia, dopo che le autorità statunitensi hanno spiccato un mandato di arresto nei suoi confronti, accusandolo di aver fornito supporto materiale ai Pasdaran, i guardiani della rivoluzione iraniana che Washington ritiene essere un’organizzazione terroristica. Per farlo, lui che era ricercatore al Politecnico federale di Losanna (EPFL), avrebbe anche usato una ditta da lui fondata che ha sede proprio presso l’ateneo vodese. Sui media italiani, che citano fonti coperte da anonimato ma legate alle alte sfere del ministero degli Esteri come pure dei servizi di informazione, si fa dunque sempre più strada l’ipotesi di una rappresaglia della Repubblica islamica, che avrebbe arrestato la reporter in risposta, appunto, al fermo del proprio uomo.
Ma chi è, dunque, Mohamed Abedini Najafabadi e di cosa è accusato? Andiamo con ordine.
Il mandato statunitense e l’arresto a Malpensa
Abedini, 38 anni, come scritto è finito in manette lo scorso 16 dicembre a Malpensa, di ritorno dalla Turchia, su mandato degli Stati Uniti. È detenuto nel carcere di Busto Arsizio (Varese) in regime di stretta sorveglianza. La corte d’Appello di Milano deve decidere sulla sua estradizione.
È accusato insieme a Mahdi Mohammad Sadeghi, cittadino statunitense-iraniano di 42 anni, fermato negli USA, di cospirazione per esportare componenti elettronici dagli Stati Uniti all’Iran, in violazione delle sanzioni e delle leggi sul controllo delle esportazioni. In particolare, secondo la giustizia statunitense, Abedini avrebbe sostenuto materialmente i Guardiani della rivoluzione iraniana e il suo aiuto avrebbe permesso un attacco con drone, a gennaio, contro una base statunitense in Giordania, da parte di milizie sostenute dall’Iran. L’Iran, nel frattempo, ha negato qualsiasi coinvolgimento nell’attacco, respingendo le affermazioni come “accuse infondate”. “
In pratica, sostengono le autorità inquirenti americane, nei droni è stata trovata tecnologia di navigazione fornite da società fondate da Abedini.
- Le accuse degli USA contro Sadeghi e Abedini
https://cook.cue.rsi.ch/rsi/info/mondo/cvb467-Le-accuse-degli-USA-contro-Sadeghi-e-Abedini/download/usa_v._sadeghi_and_abedininajafabadi_-_indictment.pdf
La società iraniana e i droni dei pasdaran
Secondo la Corte federale del distretto del Massachussetts, che ha emanato l’ordine di arresto, Abedini è il fondatore di società iraniana: la SDRA, che Washington accusa di produrre moduli di navigazione utilizzati nel programma di droni militari dei pasdaran. Lui e l’altra persona arrestata negli Stati Uniti avrebbero “cospirato per eludere le leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni procurandosi beni, servizi e tecnologie di origine statunitense” per esportarli in Iran, e in particolar modo, alla società iraniana SDRA.
Tuttavia, a causa del giro di vite sulle esportazioni inferto da Washington, Abedini, si legge ancora nei documenti statunitensi, “ha creato una società di facciata in Svizzera per la sua SDRA, la Illumove SA”. Con l’aiuto dell’altro iraniano finito in manette, questa ditta avrebbe quindi fatto da ponte tra gli USA e l’Iran, consentendo il trasferimento di tecnologia vietata verso la Repubblica islamica. Tecnologia che sarebbe appunto stata impiegata nei droni dei guardiani della rivoluzione.
Ed è qui che entra in gioco la Svizzera.
La start up con sede a Losanna
Illumove è stata fondata in Svizzera da Abedini nel 2019, come indicato sul portale internet del registro di commercio. Lo scopo di questa azienda, si legge, è “la ricerca, lo sviluppo e la produzione di apparecchi, sistemi meccatronici e software, nonché la prestazione di servizi nei suddetti ambiti e il commercio di tutti i prodotti”.
Illumove ha sede presso l’Innovation Park del Politecnico Federale di Losanna (EPFL), dove lo stesso 38enne iraniano si è in parte formato dopo gli studi in ingegneria meccanica a Teheran e dove dal 2019, almeno secondo il suo profilo Linkedin, collabora come ricercatore post-dottorato.
Presso l’Innovation Park sono collocate varie start-up e, secondo lo stesso EPFL, “ha lo scopo di sostenere le giovani imprese nei loro primi luoghi di lavoro e di agire come un vero acceleratore di crescita.”
Le precisazioni dell’ateneo
L’ufficio stampa dell’EPFL ha confermato al nostro Radiogiornale che Abedini ha effettivamente svolto un dottorato “post-doc” presso l’ateneo vodese fino al 2022, precisando però che aveva un contratto con un laboratorio. Da allora, tuttavia, non è più impiegato e non collabora più con l’ateneo.
In merito alla sua società, sempre stando alla risposta fornita alla RSI dall’ufficio stampa, questa non svolge nessuna attività sul posto. La sua sede all’Innovation Park sarebbe quindi solo una buca delle lettere, ciò che confermerebbe il sospetto che servisse solo ad aggirare le sanzioni. Sta di fatto che è effettivamente domiciliata nel parco dell’innovazione: qualcosa nei controlli deve quindi essere andato storto.
Situazione delicata per la Svizzera
In ogni caso una situazione delicata per la Svizzera, che con i suoi Politecnici è particolarmente esposta al rischio di infiltrazioni o spionaggio. Ne sa qualcosa anche il Politecnico di Zurigo: anche in questo caso si parla di Iran ma soprattutto di Cina.
Dallo scorso ottobre il Politecnico federale di Zurigo (ETH) ha infatti introdotto controlli più approfonditi sulle candidature di studenti provenienti da una serie di Paesi considerati a rischio: in totale 23, i principali sono Russia, Iran e Cina. Il caso aveva sollevato anche critiche soprattutto da parte cinese, perché la Cina è il terzo Paese di provenienza degli studenti a livello di master: più di 1’300 tra studenti e dottorandi cinesi; il rischio però è che tra questi si nascondano anche potenziali spie.
Concretamente si tratta di evitare che tecnologie o anche competenze sviluppate all’ETH vengano rubate e sfruttate magari a fini militari.
A Losanna non c’è una lista di Paesi, ma l’ufficio stampa dell’università ha riferito alla RSI che le candidature vengono valutate caso per caso. Perché - come dimostra questo episodio - il rischio è anche quello che si approfitti anche solo dell’immagine e della reputazione dei politecnici. E non sempre si riesce a impedirlo.
Le tracce di Mohammad Abedini in Svizzera
Telegiornale 28.12.2024, 20:00