Un detenuto che, oggi in Svizzera, evade ha il 75% di probabilità di tornare dietro le sbarre entro un anno. Ormai la fuga dal carcere, come hanno imparato sulla propria pelle Hassan e Angela, non paga più. Ma non è sempre stato così. Ancora nel 2010 la proporzione dei carcerati ripresi (o consegnatisi volontariamente) entro 12 mesi era solo del 33% e nel 2011 la Svizzera vantava il primato europeo delle evasioni rispetto alla popolazione carceraria con un elevatissimo tasso di fughe durante i permessi d'uscita o in regime di semi libertà.
I dati dell'ufficio federale di statistica dicono che anche il numero delle evasioni dalle prigioni elvetiche è in costante calo. Nel 2010 erano state 34. Poi sono scese progressivamente fino alle 21 del 2014. In diminuzione pure le fughe durante i trasferimenti (meno di 10 all' anno). Molto più alto, invece, il numero di fughe o allontanamenti dalle strutture aperte rimasto costante fra i 150 e i 250 all'anno.
Licio Gelli, diventato il fuggivo dalle carceri svizzere più celebre dopo la sua evasione da Champ-Dollon nel 1983
In Svizzera chi viene ripreso dopo aver sognato la libertà, vive un peggioramento del regime detentivo, rischia di non beneficiare della libertà condizionale e va in contro a sanzioni disciplinari, ma non viene punito con una pena aggiuntiva a quella per la quale era detenuto. Il Codice penale non contempla il reato di evasione e il detenuto fuggito non rischia alcuna pena, a meno che non vi sia stato un ammutinamento. E questo in virtù del principio secondo cui l'auto favoreggiamento non è di per sé un reato. È invece punibile chi libera detenuti o li aiuta a scappare.
La questione però, anche alla luce dei recenti casi di cronaca, è tornata d'attualità: un deputato UDC al Nazionale, con una mozione, chiede un cambiamento di legge e l'introduzione del reato di evasione. Il testo non è ancora stato esaminato dalla Camera che si esprimerà sulla base di un parere negativo del Consiglio federale.
Diem/RG