È una vicenda che ha suscitato indignazione quella dei miliardari indiani (con passaporto svizzero) che, a Ginevra, sfruttavano il personale di casa. L’accusa parla di stipendi ridicoli e orari di lavoro folli. Addirittura si ipotizza il reato di tratta di esseri umani. La sentenza è attesa per venerdì pomeriggio.
I membri della famiglia Hinduja arrrivano in tribunale alla chetichella. Non si direbbe, ma questa non è una famiglia come le altre. Sono multimiliardari, con passaporto indiano e svizzero. Il loro sito internet racconta di attività in moltissimi campi. Il loro album di famiglia li ritrae con i potenti del mondo, da Cannes al Forum di Davos, passando da Buckingham Palace. Hanno una villa di 400 metri quadrati a Coligny, il comune più ricco del canton Ginevra. Eppure sono accusati di traffico di essere umani e di sfruttamento del personale.
Il procuratore pubblico Yves Bertossa parla di stipendi da fame (dai 100 ai 400 franchi al mese); di turni di lavoro massacranti (dalle 7.00 alle 23.00). Di alloggi indegni di questo nome.
Tre donne, che lavoravano per i miliardari, si sono decise a denunciarli e raccontano: “Nel rifugio c’era una piccola finestra da dove entrava un po’ di luce. Faceva freddissimo, Dormivamo in 4 su dei letti a castello”.
I miliardari ammettono che gli stipendi erano bassi e hanno già sottoscritto un accordo confidenziale per risarcire le tre donne, ma respingono l’accusa di sfruttamento: “Non è vero che lavoravano 18 ore al giorno. Sarebbe fisicamente impossibile!”. Per i loro legali non si può parlare di traffico di essere umani, perché il personale era libero di muoversi.
Il procuratore vorrebbe una pena esemplare. Questo venerdì il verdetto.