Anche il Consiglio nazionale ha dato oggi (giovedì) il proprio benestare (131 voti a 55) senza condizioni al versamento del miliardo di coesione all'UE. La decisione del Nazionale è giunta solo poche ore dopo il via libera arrivato dal Consiglio degli Stati (per 30 voti a 9).
La reazione dell'UE
L'Unione europea, in un comunicato, diffuso subito dopo la decisione del Nazionale, ha puntualizzato che il contributo era dovuto e atteso da sette anni. Inoltre ribadisce l'importanza di portare avanti la riflessione su un meccanismo di contribuzioni permanente. "Salutiamo la decisione del Parlamento svizzero per un esborso senza condizioni", si legge in una nota della Commissione europea, "ma ricordiamo che l'ultimo pagamento risale al 2012, da allora è passato più di un ciclo di bilancio. Questo contributo è la contropartita logica e naturale della partecipazione al più grande mercato unico del mondo", prosegue la nota, ricordando che il contributo servirà a ridurre le disparità sociali tra regioni e a promuovere la cooperazione in campo migratorio. Nella reazione non si fa cenno, per esempio, alla questione della partecipazione elvetica ai programmi di ricerca Orizzonte Europa, tuttora in forse. Infine bisognerà riflettere - conclude la nota - su un meccanismo che in futuro garantisca un contributo elvetico a livello di quanto fanno i paesi UE e dello spazio economico, è quanto aveva detto la scorsa settimana il nuovo Mister Svizzera della Commissione, Maros Sefcovic.
RG 24.00 del 30.09.21 Le reazioni UE nel servizio di Tomas Miglierina
A chi è destinato il miliardo di coesione
Il miliardo di coesione, in realtà 1,3 miliardi spalmati su dieci anni destinati a progetti di sviluppo accompagnati da Berna, è destinata ai Paesi dell'Est e a quegli Stati alla prese con forti ondate migratorie. Col "sì" di oggi si tratta del secondo contributo elvetico al fondo destinato a colmare le disparità economiche in seno all'UE.
Per la maggioranza si tratta di fare un gesto di distensione verso l'UE per migliorare le relazioni tra Berna e Bruxelles, incrinatesi pericolosamente in seguito al rifiuto della Confederazione di firmare l'accordo istituzionale con l'Unione europea.
Le dichiarazioni dei partiti
No a una rottura delle relazioni come vorrebbero i democentristi, ha dichiarato a nome dei Verdi Nicolas Walder (GE), secondo il quale per la maggioranza del plenum, i nostri legami con l'UE sono troppo importanti per la nostra economia, come anche per la nostra piazza scientifica, mentre con l'attuale situazione rischiamo un'erosione lenta ma inesorabile degli accordi bilaterali, e l'impossibilità di negoziarne di nuovi (vedi elettricità) dopo l'abbandono da parte di Berna della tavola dei negoziati per un accordo istituzionale con Bruxelles.
Una decisione, quella di abbandonare le trattative, che diversi oratori hanno rinfacciato al Consiglio federale, soprattutto per non aver consultato il Parlamento. Insomma, per i Verdi siamo di fronte ad un ammasso di macerie, di cui la Svizzera è la principale responsabile.
Per Christa Markwalder (PLR/BE) si tratta né più né meno di trovare un modus vivendi con l'Europa in nome dei nostri interessi e degli interessi comuni che ci legano al vecchio continente. Per Elisabeth Schneider-Schneiter (Centro/BL) non dobbiamo giocare col fuoco; l'UE rimane il nostro maggiore partner economico, ha dichiarato.
Nel suo intervento, il consigliere federale Ignazio Cassis ha dichiarato che si tratta in primo luogo di stabilizzare le relazioni bilaterali con Bruxelles, il primo passo verso un nuovo capitolo delle relazioni tra la Confederazione e l'UE. Dobbiamo rompere questa spirale negativa, dimostrando di essere un partner affidabile e di voler contribuire al benessere e alla sicurezza dell'Europa, ha spiegato il ministro degli affari esteri.
Un risultato già scritto
Nonostante le dichiarazioni di diversi democentristi, (che hanno parlato di "ricatto" da parte dell'UE), l'esito del dibattito era facilmente immaginabile, specie dopo il chiaro risultato alla Camera dei cantoni, come anche del voto espresso dalla commissione preparatoria del Nazionale, dove solo gli esponenti dell'UDC si erano espressi contro il progetto del Governo.
Nessuna condizione
Il Nazionale, seguendo raccomandazioni della commissione preparatoria, ha quindi respinto una proposta di non entrata nel merito di Roger Köppel (UDC/ZH) e, in seguito, ha affossato la richiesta di Yves Nidegger (UDC/GE) di rinviare il dossier al Consiglio federale affinché il Governo consacrasse questa somma al risanamento dell'AVS. "No" nemmeno alla proposta di Franz Grüter (UDC/LU) di sottoporre il decreto federale a referendum facoltativo, giacché la Svizzera non conosce il referendum finanziario a livello federale.
Il plenum ha anche respinto nettamente l'idea, sempre dell'UDC, di condizionare qualsiasi impegno da parte elvetica all'associazione della Svizzera a pieno titolo al programma di ricerca Orizzonte 2020, oppure al riconoscimento da parte dell'Ue dell'equivalenza della Borsa svizzera.
Un iter travagliato
Le Camere federali avevano accolto nel dicembre 2019 il secondo contributo svizzero al fondo di coesione europeo, a condizione che l'UE non adottasse misure discriminatorie contro la Confederazione, come nel caso della mancata equivalenza della Borsa svizzera. L'Ue aveva adottato questo provvedimento per accelerare la finalizzazione dell'accordo istituzionale tra Berna e Bruxelles, poi naufragato.
Secondo Cassis per ridare linfa alle nostre relazioni con Bruxelles dobbiamo mostrare di essere un partner affidabile che intende contribuire in modo costruttivo al buon funzionamento di questo partenariato.
Per il Consiglio federale, ha ricordato Cassis, lo sblocco del miliardo di coesione - un contributo volontario da parte nostra e non obbligatorio, ha rammentato - deve anche consentire di fare passi avanti in altri dossier trattati con l'UE, come quello sull'elettricità o la partecipazione elvetica a Orizzonte 2020. A tale riguardo la Svizzera è trattata come attualmente Stato terzo.
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