Svizzera

Nato il 4 marzo

Dal massiccio "no" alla No Billag prende le mosse anche un rinnovato approccio al servizio pubblico radiotelevisivo

  • 4 marzo 2018, 19:57
  • 23 novembre, 02:20
Dietro lo schiacciante "no" alla No Billag: il commento di Alex Ricordi e Joe Pieracci

Dietro lo schiacciante "no" alla No Billag: il commento di Alex Ricordi e Joe Pieracci

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Il servizio pubblico radiotelevisivo ha così superato la sua prova più difficile in assoluto: un’iniziativa che ne voleva decretare la scomparsa e che è stata al centro di una campagna di voto lunga e con punte di animosità raramente riscontrabili nel dibattito politico in Svizzera.

La posta in gioco, del resto, non poteva lasciare indifferente nessuno. Si trattava, in definitiva, di dire “sì” o “no” ad un assetto radiotelevisivo che, al di là delle critiche che può legittimamente suscitare, continua a caratterizzarsi come una delle espressioni di federalismo storicamente più consolidate. L’iniziativa chiedeva il suo smantellamento e il passaggio ad uno scenario pregno di incognite. E tanta radicalità ha senz’altro avuto il suo peso nello schiacciante “no” espresso dal popolo e dai cantoni.

La “No Billag” sarà in ogni caso ricordata come uno spartiacque nel confronto di idee sul panorama mediatico nel paese. Dall’ampio dibattito in evidenza sulla stampa e nei social sono infatti emerse opinioni nettamente in contrasto, ma anche istanze per una riflessione di fondo sull'evoluzione dei media elettronici in Svizzera. La stessa che il servizio pubblico radiotelevisivo sarà ora chiamato a fare, tenendo soprattutto conto delle nuove esigenze imposte dalla digitalizzazione e dal crescente peso del web.

L’iniziativa è stata bocciata con convinzione in tutti i cantoni, Ticino compreso. A sud delle Alpi non c’è insomma stato il voto di protesta che taluni speravano e altri temevano. Il Ticino con il 65,5% non è nemmeno stato il cantone dove il sostegno al canone è risultato più tiepido, visto che i "no" meno convinti sono giunti da Svitto (62,1%) e da Sciaffusa (62,7%).

La RSI è stata particolarmente presa di mira in questi ultimi mesi e ora si vede sostenuta da due votanti su tre: la retorica qualunquista contro il servizio pubblico non ha dunque fatto presa. E questo è un risultato forte, probabilmente insperato solo alcuni mesi orsono. Ad inizio dicembre i sondaggi davano infatti il si in vantaggio - seppur a livello nazionale - con il 57% dei voti.

Oggi la SSR ha vinto, ma il messaggio è stato recepito e “taglierà impieghi nell'ambito del suo programma di risparmi che partirà l'anno prossimo”: ha affermato il direttore Gilles Marchand a Berna. “Questo voto non è un assegno in bianco”, gli ha subito fatto eco il direttore della RSI Maurizio Canetta da Comano: “Interverremo con una riforma sia nei modi che nei costi”. La chiave di riparto è salva e l’asse è solido. Si riparte da qui.

Alex Ricordi/Joe Pieracci

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