Oggi, sabato 10 settembre, ricorre la giornata mondiale per la prevenzione del suicidio. Il fenomeno torna a preoccupare le associazioni dedicate; la RSI ha fatto il punto.
Telefono Amico: "Chiedere aiuto è una liberazione"
Le chiamate rivolte al Telefono Amico per pensieri suicidi aumentano. A dirlo è la segretaria dell’associazione, Sabine Basler, la quale rivela un’impennata quasi del 40% delle persone che si sono rivolte alla loro linea, rispetto allo stesso periodo nel 2019. I volontari dell’agenzia sono stati interpellati con una media di quasi 17 volte al giorno. Dato preoccupante se confrontato con quelli registrati prima della pandemia, poco più di 10.
La segretaria non nasconde la sua preoccupazione, anche perché a manifestare pensieri suicidi sono soprattutto gli adolescenti. “Sono i ragazzi al di sotto dei 18 anni quelli che più spesso tematizzano questo argomento” ci spiega Sabine Basler. “Sappiamo da studi che è una generazione che solitamente alle chiamate preferisce le chat. Se questi ragazzi prendono in mano il telefono vuol dire che sono estremamente disperati e probabilmente ce ne sono tanti altri che avrebbero bisogno d’aiuto” sottolinea, precisando la situazione.
Ma cosa bisogna fare dunque, in questi casi? “Occorre parlarne con un adulto”, risponde la segretaria, aggiungendo che “chiedere aiuto è una liberazione; spesso però purtroppo ci si vergogna ad affrontare apertamente l’argomento. Affrontarlo è fondamentale per la prevenzione dei suicidi”.
Stop Suicide: "Gli errori degli adulti"
Chiedere aiuto è importante, tuttavia spesso a impedire ai giovani di chiedere aiuto sono gli stessi adulti. A questo riguardo si è pronunciato Raphaël Thélin, direttore dell'associazione ginevrina Stop Suicide. Troppe volte la risposta degli adulti a questo tipo di situazioni è inadeguata: "è normale che ci siano dei momenti difficili, tutto si risolve, stringi i denti". Questo porta il giovane a chiudersi di più in sè stesso, a condannarsi al silenzio, a convincersi che non c'è possibilità di ricevere aiuto", spiega il direttore.
In caso di necessità, è il consiglio, non bisogna esitare a parlarne. Parlare può salvare
La situazione nelle carceri in Svizzera
Un'altra fascia della popolazione particolarmente colpita dal fenomeno è quella dei reclusi nelle carceri. In Svizzera, ci racconta sempre Raphaël Thélin, la situazione è relativamente buona. I casi variano da un anno all'altro, presentando una media di circa 8 suicidi all'anno.
Disastro nelle carcere italiane
La problematica colpisce tuttavia molto duramente l'Italia. L'ultimo caso è stato registrato il primo settembre a Bologna, portando la casistica annua a 59 suicidi contro i 57 dell'intero 2021. In media, ogni 4 giorni in Italia si toglie la vita un detenuto.
Sono questi i risultati preoccupanti frutti delle condizioni insostenibili a cui sono sottoposti i carcerati italiani: sovraffollamento, mancanza di supporto educativo e psicologico e la carenza delle più elementari forme di sostegno per la vita dei reclusi.
Queste e altre mancanze sono state raccolte in un rapporto dell'Associazione Antigone, specializzata nella tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario italiano.
Susanna Marietti, coordinatrice dell'associazione, spiega le cause di tali insufficienze, sostenendo che il sistema delle carceri sia " incapace di intercettare i problemi individuali "essendo "sovraccaricato, distratto, [...] dove il personale specializzato è enormemente sotto organico".
SEIDISERA
SEIDISERA 10.09.2022, 18:00
Contenuto audio