In Svizzera, dalla canapa si può fare di tutto: integratori, tè, gomme da masticare, cioccolato, cosmetici e molto altro. Lo permette la legge secondo criteri molto precisi. Da una recente indagine condotta dall'Associazione dei chimici cantonali l'85% dei prodotti alimentari sul mercato non sono però risultati conformi alle regole.
“Nessuno dei prodotti analizzati superava l’1% di THC, quindi non rientrano nella categoria degli stupefacenti. – spiega alla RSI il chimico cantonale ticinese Nicola Forrer - Trattandosi però di derrate alimentari ci sono dei limiti specifici per quanto riguarda il THC e questo dipende dal tipo di derrata alimentare. Questi limiti sono nettamente inferiori all’1% e in tanti casi sono stati superati”.
In 28 prodotti esaminati il superamento dei limiti di THC era tale da mettere in pericolo la salute dei consumatori e sono quindi stati richiamati dal mercato. Per altri 73 è invece stato emesso un divieto di commercializzazione. Gli articoli più problematici sono risultati essere gli oli al CBD: la quasi totalità di quelli analizzati sono risultati fuori norma.
Una situazione che preoccupa molto i rappresentanti dei consumatori. “È una situazione inaccettabile. – chiosa Evelyne Battaglia, presidente dell’Associazione consumatori della Svizzera italiana – Mette a rischio la salute dei consumatori, inoltre c’è un aspetto di disinformazione. Evidentemente l’autocontrollo non funziona a sufficienza”.
L’autocontrollo è previsto dalla legge ma, come dimostra l'indagine, ha diverse lacune. Se dalla parte dei produttori svizzeri l'attenzione è alta, non è lo stesso da quella di chi questi prodotti li vende.
“Chi mette in commercio questi prodotti è tenuto legalmente all’autocontrollo e deve reperire le informazioni necessarie per poter svolgere il suo compito in maniera conforme alla legge. – precisa Forrer – Specialmente in questo campo ci vuole una certa professionalità”.
Le insidie per i rivenditori sono molte, soprattutto per i prodotti provenienti dall'estero, dove la regolamentazione sul CBD spesso non corrisponde a quella elvetica.
“Evidentemente – commenta Evelyne Battaglia – ci sono anche dei canali di vendita che possono non essere limpidi e permettono di avere, soprattutto anche con i commerci indiretti, prodotti che addirittura sono pericolosi come quello che è uscito dallo studio”.
Sul totale dei prodotti analizzati ne figura anche almeno uno fabbricato in Ticino. Tuttavia l'azienda – contattata dalla RSI - ha preferito non esprimersi.