Intervista

Proteste? “Le università sono uno spazio di dialogo”

Luciana Vaccaro, presidente di SwissUniversities: “La questione israelo-palestinese ci tocca tutti, quindi studenti e atenei non sono esenti da questo dibattito”

  • 3 maggio, 22:35
  • 4 maggio, 08:48
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Luciana Vaccaro, presidente di SwissUniversities

  • Keystone
Di: Seidisera/RSI Info 

“È il riflesso di quello che è oggi la società. La questione israelo-palestinese ci tocca tutti, quindi studenti e università non sono esenti da questo dibattito”. Luciana Vaccaro, presidente di SwissUniversities, la Conferenza delle rettrici e dei rettori delle scuole universitarie svizzere, non è sorpresa di quanto sta succedendo da ormai 24 ore all’università di Losanna. L’azione pro-palestinese – ricordiamo - è stata autorizzata dalla direzione fino a lunedì sera, quando è previsto un nuovo incontro con il rettore. Ma i manifestanti sembrano pronti a proseguire la loro azione anche più a lungo.

A livello di SwissUniversities state pensando a una strategia comune per confrontarvi a questa nuova realtà?

“Le università si coordinano nel senso che ne discutono. Non avremo però una sola strategia perché dipende molto dalle condizioni locali. È chiaro che quello che in questo momento si predilige è il dialogo con gli studenti e non le azioni di forza”.

Vuol dire che ogni università potrà comportarsi e agire come meglio crede?

“Questo sempre: SwissUniversities è un’organizzazione ombrello, quindi non emette direttive. Diciamo però che c’è una linea comune di avere delle università che siano degli spazi aperti, sicuri, per tutti dove non c’è spazio per il razzismo e i discorsi di odio, ma si possono ascoltare certe inquietudini degli studenti”.

Il rettore dell’Università di Losanna ha detto che il ruolo delle università non è prendere una posizione politica, ma formare. Questo va in contraddizione con quanto diceva lei?

“Per niente. Innanzitutto il rettore di Losanna ha organizzato un dibattito pubblico. Gli studenti nonostante si siano mobilitati non lo hanno impedito. Le università in generale sono uno spazio di dialogo e il fatto di capire che ci siano delle inquietudini degli studenti non significa dare ragione a una parte politica o a un’altra, ma che tutti devono poter esprimere un’opinione”

Quindi ci saranno dei limiti per queste manifestazioni, che sono comunque di parte…

“Il limite principale è che le attività di ricerca e di formazione possano avere luogo. Questo è un impegno che hanno preso gli studenti a Losanna. In secondo luogo nessun discorso di odio o antisemita o di razzismo. Anche il negazionismo non può essere tollerato. Questo penso sia il limite al quale gli studenti si devono attenere. Detto questo siamo al primo giorno di occupazione e gli studenti possono restare sino a lunedì, giorno in cui si discuterà di nuovo”.

E di fronte alla loro richiesta principale - una sospensione delle collaborazioni con le istituzioni israeliane - fino almeno a quando ci sarà un cessate il fuoco a Gaza, qual è la posizione di SwissUniversities?

“Ripeto: è una questione di autonomia delle scuole. Io posso darle solo la visione generale. Non si devono confondere le azioni di un governo con le istituzioni. Finché le istituzioni israeliane, con cui noi collaboriamo, non avranno una posizione politica definita e rimangono degli spazi aperti, come noi lo siamo, io non vedo il motivo di escluderle. Anzi isolarle in questa situazione sarebbe ancora peggio”.

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