Una persona su sei che vive in Svizzera ha subito discriminazioni razziali negli ultimi cinque anni, una percentuale in netto aumento rispetto al 2010. Particolarmente colpiti sono i giovani e le persone con un passato migratorio.
In un’indagine di monitoraggio condotta dal Servizio per la lotta al razzismo, 1,2 milioni di persone in Svizzera hanno dichiarato di aver subito discriminazioni razziste. Il razzismo e la discriminazione sono quindi una realtà per un numero crescente di persone.
Discriminazioni soprattutto sul posto di lavoro
La maggior parte delle persone interessate ha un’età compresa tra i 15 e i 39 anni. La discriminazione razziale si verifica in tutti gli ambiti. Il 69% degli intervistati ha dichiarato di essere stato discriminato nella vita lavorativa quotidiana o nella ricerca di un lavoro.
Si tratta di discriminazioni ingiustificate nel processo di candidatura, insulti e mobbing o discriminazioni salariali. Inoltre, il 30% ha citato la sfera pubblica e il 27% la scuola come luogo dove ciò avviene.
Il monitoraggio mostra chiaramente la necessità di agire con misure istituzionali per proteggere meglio le persone dall’emarginazione. Si dovrebbe prestare maggiore attenzione al razzismo strutturale nel mercato del lavoro o a scuola.
Il Consiglio federale ha annunciato che lavorerà con i Cantoni per sviluppare una strategia e un piano d’azione contro il razzismo e l’antisemitismo. Inoltre, valuterà l’opportunità di nominare un nuovo commissario per questa lotta.
I dati dell’indagine “Vivere insieme in Svizzera” e i casi registrati dalla rete di consulenza per le vittime sono stati analizzati nell’ambito del monitoraggio del Servizio per la lotta al razzismo, pubblicato ogni due anni dal 2010. L’obiettivo è sviluppare una politica antirazzista efficace e basata sui fatti.
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Dal monitoraggio emerge, dunque, che i giovani sono più colpiti dalla discriminazione razziale. Ma come leggere questo risultato? Una domanda che la RSI ha posto a Michela Trisconi, delegata cantonale all’integrazione degli stranieri.
“È vero che dal 2014, con i programmi di integrazione cantonale in tutti i cantoni si sono avviati dei progetti di sensibilizzazione con un focus soprattutto ai giovani. Quindi è possibile che questo target di popolazione sia particolarmente sensibile, sappia riconoscere atti discriminatori e sa anche che può rivolgersi a dei centri che sono presenti in tutti i cantoni per segnalare una discriminazione subita. Quindi è probabile che sia una categoria che sì, è discriminata, ma anche più sensibile a poter denunciare atti di discriminazione. Quindi probabile che sia una prima risultanza del lavoro fatto nei cantoni, ma non ci sono ancora dati certi a riguardo”, spiega Michela Trisconi.
Il processo di segnalazione, di denuncia è diventato più facile o rimane una certa reticenza?
“Se guardo i dati ticinesi nel 2023 sono state raccolte 33 segnalazioni. Sappiamo che è la punta dell’iceberg. Quindi il mio invito è proprio di segnalare anche un sospetto di discriminazione subita e chiedere un accompagnamento affinché anche noi possiamo prendere visione del fenomeno e della sua evoluzione. Quello della rendicontazione è molto importante, perché poi consente annualmente di fare un po’ il punto della situazione, come è stato il caso di oggi”.
Come lavorare sui pregiudizi radicati nella società, per contrastare un fenomeno - che come evidenziato oggi - non è marginale?
“Il monitoraggio odierno ha rilevato come questo fenomeno sia presente in tutti gli ambiti, quindi non è solo un compito per i delegati all’integrazione degli stranieri, che lavorano soprattutto a contatto con le popolazioni migranti. Significa anche intervenire in quegli ambiti dove il razzismo strutturale è stato dimostrato presente, come il mondo del lavoro, gli ambiti del sostegno sociale, (ambiti che si occupano anche del reinserimento lavorativo di persone disoccupate). La discriminazione avviene anche nello spazio pubblico, nella scuola e durante la formazione. Questi quattro ambiti sono quelli dove avviene la discriminazione e dove bisogna lavorare con misure di prevenzione. Implica anche che sia un approccio da affrontare in maniera interdisciplinare e anche in maniera coordinata con altri partner istituzionali o meno. Quindi è una lotta che va affrontata congiuntamente con altri attori sul territorio”.
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