Battuta d'arresto per le idee del Governo svizzero su come riformare l'agricoltura. Per il momento non siamo ancora a livello di decisioni, ma la potente commissione economia e tributi del Consiglio degli Stati propone di sospendere il dibattito in Parlamento sulla politica agricola dal 2022. I rappresentanti dei partiti venerdì hanno reso noto di aver sospeso l'esame del messaggio del Consiglio federale, sostenendo che il progetto, nella sua versione attuale, "comporti soltanto punti negativi".
Da una nota si apprende che, per la maggioranza della commissione, le esigenze supplementari e più elevate pretese dal settore, la riduzione dei pagamenti diretti, il rischio di una caduta dei prezzi e del reddito, la diminuzione del grado di autoapprovvigionamento, non offrono all'agricoltura prospettive a lungo termine. Il dibattito dovrebbe pertanto concentrarsi unicamente sui mezzi finanziari previsti per gli anni 2022-2025. Il Consiglio federale propone di concerne all'agricoltura per 13,774 miliardi di franchi.
La riforma è ampia e complessa. Per capire meglio cos'è successo oggi è utile, per una volta partire, dalle reazioni alla proposta della commissione di sospendere tutto. Le organizzazioni ambientaliste come WWF e Pro Natura sono indignate, dicono "l'ambiente non può attendere altri anni". L'unione svizzera dei contadini invece dice: "Inatteso passo verso una migliore sicurezza dell'approvvigionamento alimentare". Il presidente dei contadini Markus Ritter nel comunicato usa toni pacati, forse per non sventolare troppo che questo passo è un vero successo, e uno smacco per l'ufficio federale dell'agricoltura di Guy Parmelin, che al progetto sta lavorando da anni.
Uno smacco perché vuol dire che il consigliere federale "deve rifare i compiti". La commissione chiede meno burocrazia, più peso alla produzione di alimentari, più ampia libertà imprenditoriale. Il progetto di Parmelin puntava invece a condizioni più severe per le sovvenzioni, criteri ecologici più elevati, riduzione delle emissioni di azoto e fosforo. E qui si spiega l'indignazione delle organizzazioni ambientaliste.
Queste ultime dicono: se in Parlamento la riforma si arena, le cose continueranno a peggiorare sul fronte biodiversità ed emissioni, con una produzione eccessiva di carne grazie al mangime d'importazione... un colpo drammatico alla natura, scrivono. Mentre molti contadini con la nuova politica agricola si sentono messi sotto tutela, oltre che privati di parte dei loro introiti.