Esperti dell'ONU, in virtù del diritto internazionale, hanno indirizzato una lettera a 57 Stati, fra cui la Svizzera, resa pubblica negli scorsi giorni, con cui chiedono loro di rimpatriare i "combattenti stranieri" e le loro famiglie ancora detenuti in Siria.
Si tratta di jihadisti che, al momento della creazione e poi dell'espansione territoriale dell'autoproclamato Stato islamico, ne avevano raggiunto i ranghi. Una parte è morta in combattimento, altri sono invece caduti nelle mani di milizie curde. In campi dove - secondo gli autori - la situazione umanitaria e sanitaria è alquanto precaria, si trovano uomini, donne e bambini originari dell'Europa, Confederazione compresa.
Nel 2019 600 bimbi avevano potuto tornare ai Paesi di provenienza. Nel 2020 sono stati solo 200. "Ci sono rapporti ben documentati su malnutrizione, disidratazione e persino decessi" e quando una nazione e quindi anche la Svizzera - ha affermato a RTS una dei relatori, l'irlandese Siobhan Mullaly - "è a conoscenza di minacce o di violazioni dei diritti fondamentali dei suoi cittadini all'estero, allora deve intervenire per proteggerli".
Soprattutto per quanto riguarda i bambini, i trattati dicono chiaramente che i loro diritti sono prioritari: non possono essere separati dai genitori, minacciati nella loro integrità psichica e lasciati in zone di guerra. Quelli svizzeri sarebbero sette e nessuno ha potuto finora tornare nella Confederazione. Nelle scorse settimane due padri ginevrini avevano lanciato un appello affinché le loro figlie, in Siria con le madri, siano riportate a casa.
L'ostacolo ai rientri di bimbi risiederebbe da un lato nell'opposizione delle mamme e dall'altro in quella dei curdi, contrari a una separazione. E la strategia di Berna fin qui è stata chiara ed è stata ribadita ancora nella risposta agli esperti: la priorità è data alla sicurezza nazionale e lo Stato non intende attivarsi per riportare in Svizzera nessuno degli adulti.
Secondo Mullaly, se la questione fosse sottoposta ai tribunali, la giustizia potrebbe pronunciarsi contro gli Stati. È già accaduto all'estero, per esempio in Germania e in Belgio, mentre in Svizzera non ci sono state denunce e la Confederazione si dice convinta di rispettare i suoi obblighi.