Svizzera

Riparare è un diritto. Anche Berna si muove

Il Consiglio federale si china sull’ “obsolescenza programmata”, la riduzione deliberata della durata di vita di un prodotto da parte del fabbricante - Si studiano misure per la trasparenza - Nell’UE le hanno già fatte

  • 29 giugno, 19:38
  • 1 luglio, 09:26

SEIDISERA del 26.06.2024

RSI Svizzera 29.06.2024, 20:16

  • Keystone
Di: SDS/RSI Info

La marca di smartphone che continua ad aggiornare il proprio sistema operativo introducendo nuove funzioni che magari servono a poco, ma richiedono apparecchi più veloci o performanti, rendono superati quelli che avete comperato. Il fabbricante che cambia spesso i pezzi dei propri elettrodomestici, rendendo difficile trovare i ricambi già dopo pochi anni. Le cartucce della stampante che vi dicono che sono vuote quando c’è ancora un po’ di ’inchiostro.

Sono esempi di obsolescenza programmata, una pratica che mira a ridurre deliberatamente la durate di vita di un prodotto rendendo più facile sostituirlo, piuttosto che ripararlo o aggiornarlo. Poco economica, poco ecologica e certamente poco simpatica, ma non illecita in sé, l’obsolescenza non è una cosa nuova. Negli anni 20 un cartello tra produttori mondiali, basato proprio in Svizzera, decise che le lampadine a incandescenza avrebbero dovuto fulminarsi dopo 1’000 ore invece di 2’500. Ma la rivoluzione digitale ha dato a questo fenomeno una nuova dimensione.

Il Consiglio federale ha appena pubblicato un rapporto sull’obsolescenza programmata dei prodotti, in adempimento ad un postulato presentato dai verdi. Già nel 2018 - in risposta a un altro postulato (presentato da una consigliera dell’Alleanza del centro) - il governo aveva concluso che un vero e proprio divieto sarebbe inopportuno: con che diritto proibire, ad esempio, a un programmatore di aggiornare il proprio software?

Ma se non si può vietare, si può perlomeno scoraggiare o si possono informare meglio i consumatori, perché facciano scelte ponderate. Le strade sono molteplici: un indice della durata di vita o uno che illustri il grado di riparabilità di un prodotto. Si può lavorare, insomma, non tanto sul divieto a rendere obsoleto ma sul diritto a riparare. Come hanno fatto nell’UE

L’esempio dell’Unione europea

Lo scorso febbraio Parlamento europeo e Consiglio dell’UE (i due “rami” dove si forma la legislazione dell’Unione) hanno dato via libera definitivo alla riforma di una direttiva che cerca di combattere il “greenwashing”, ovvero l’ambientalismo di facciata, le altre pratiche commerciali sleali (come il definire un prodotto “biodegradabile” senza prove certificate) e appunto l’obsolescenza programmata.

Si prevede, in particolare, la creazione di un nuovo marchio armonizzato che metta in rialto i prodotti con un periodo di garanzia più esteso. Anche i prodotti più facili da riparare potranno (se provato) insistere su questo aspetto, nel quadro della promozione dell’economia circolare: quella basata sul riuso, più che sul consumo..

Trattandosi di una direttiva, ovvero di una legge quadro europea, ora la parola è ai Parlamenti nazionali per la sua attuazione, e ci vorrà un po’ di tempo. La strada però è tracciata. La Svizzera non ha alcun obbligo di seguire, ma il dibattito è molto simile.

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