La Corte europea dei diritti umani (CEDU) ha bloccato l’espulsione di un iraniano omosessuale verso il suo Paese da parte della Svizzera. Secondo i giudici elvetici, l’uomo poteva essere rinviato in Iran senza che la sua incolumità fosse messa a rischio, a patto che continuasse a vivere la sua omosessualità in modo discreto. Il tribunale internazionale la pensa però diversamente e ha bloccato l’espulsione, dal momento che l’uomo in patria rischierebbe trattamenti inumani.
Per la Corte di Strasburgo ciò sarebbe probabile soprattutto considerando i numerosi rapporti che indicano che la situazione per le persone LGBT in Iran è ulteriormente deteriorata. Le autorità locali non lo proteggerebbero da possibili attacchi da della sua famiglia o di terzi.
Per la CEDU il caso va riesaminato
La CEDU ha quindi indicato alla Svizzera che deve riesaminare il caso alla luce di questi elementi. La sentenza in ogni caso non condanna qualsiasi tipo di espulsione verso paesi in cui l’omosessualità non è accettata o è punita. Per il caso del giovane iraniano il problema è soltanto che le autorità svizzere non avrebbero valutato a sufficienza i rischi.
La corte europea ha anche riconosciuto al ricorrente un risarcimento di 7’000 euro per le spese sostenute. Insultato e picchiato dalla famiglia a causa del suo orientamento sessuale, l’uomo aveva presentato domanda di asilo in Svizzera nel 2019. La Segreteria di Stato della migrazione (SEM) non aveva ritenuto credibile la sua storia e ha respinto la domanda. La decisione era stata poi confermata dal Tribunale amministrativo federale.