La LATI SA di Sant’Antonino chiuderà i battenti entro la metà del 2024. I costi sono troppo elevati, come comunicato venerdì dai vertici dell’azienda. Una chiusura che rappresenta “un pezzo di storia del canton Ticino che se ne va. Per noi è un colpo al cuore” afferma Andrea Bizzozero, vicepresidente della Federazione ticinese dei produttori di latte, che ne raggruppa 180 in tutto il Ticino.
Ma la notizia non era inaspettata: “Durante il 2023 ci siamo già attivati con le autorità cantonali, con la Cooperativa dei produttori di latte della Svizzera italiana e con la LATI per trovare delle soluzioni” continua Bizzozero. I punti da risolvere sono due: “La logistica per il trasporto e lo stoccaggio del latte, e il latte estivo”.
La fluttuazione di latte è infatti molto alta in Ticino: in estate le mucche vengono caricate sugli alpi per poi produrre formaggio d’alpeggio ad alto valore aggiunto. E se da un lato è salutato positivamente il fatto che una parte della produzione della LATI confluirà al Caseificio del Gottardo, restando quindi in Ticino, resta però l’incognita dei formaggi freschi.
“Ci vuole un contributo finanziario d’emergenza”
Bizzozero è invece più fiducioso che si possa trovare una soluzione per il latte pastorizzato. Per il settore la spina nel fianco sono i costi. Costi già oggi onerosi per il trasporto del latte. E con la chiusura della LATI l’appello della Federazione va al Cantone: “Speriamo che il Cantone ci darà un contributo d’emergenza per il trasporto”. E spiega: “In Ticino abbiamo aziende in tutte le valli e rispetto alla Svizzera interna il trasporto è una cosa fuori di testa”.
In effetti degli aiuti potrebbero entrare in linea di conto. “Siamo pronti a sostenere la filiera del latte” afferma Stefano Rizzi, direttore della Divisione economia. “L’abbiamo fatto in passato, lo stiamo facendo e continueremo a farlo”. Le modalità sono diverse. Per esempio dei contributi nell’ambito delle migliorie strutturali per i piccoli caseifici che hanno ora la necessità di aumentare la lavorazione del latte, facendo degli investimenti. Ma si parla anche di progetti di sviluppo regionale legati al settore primario che coinvolgono la filiera del latte.
L’auspicio è che si possa ricollocare il più possibile i dipendenti toccati. Ed è ora importante, secondo Rizzi, che il settore lavori unito per trovare soluzioni che potrebbero aprire anche delle nuove opportunità.
L’aiuto della grande distribuzione
Una coesione invocata anche da Omar Pedrini, presidente dell’Unione dei contadini ticinesi: “Noi associazioni di categoria dovremmo riuscire ad avere i necessari contatti con la grande distribuzione per rimarcare determinate carenze a livello di regionalità e per far capire che se loro non si mettono in gioco per dare una mano, sarà difficile trovare le soluzioni ai nostri problemi”.
Chiude la LATI SA, ma viene mantenuto il marchio “Lati”: “È essenziale, perché in futuro, qualora si riuscisse veramente a mettere a segno un rilancio, si partirà con un marchio già conosciuto” afferma ancora Pedrini, spiegando di aver fatto appello a partner importanti del mercato del latte di Oltralpe, in particolare per la situazione logistica: “Mi sembra assurdo che il latte del Ticino vada in Svizzera interna per poi tornare in Ticino nel cartone, quando tutti chiedono sostenibilità”, conclude.