“Sono stato arrestato circa una settimana dopo il colpo di stato militare. Mi hanno rastrellato per strada, vicino a casa mia, e poi mi hanno portato in una prigione in una caserma dei carabinieri. Da lì mi hanno poi portato in una base navale e mi hanno liberato dopo una settimana; quando sono uscito hanno iniziato a tenermi d’occhio: casa mia era sempre circondata, eravamo controllati a vista”.
Il ricordo del golpe di 50 anni fa è ancora nitido, negli occhi e nella mente di José Carrasco, oggi 71enne. Lui, esule cileno, subì in prima persona la repressione delle autorità e di quello che sarebbe diventato il regime di Augusto Pinochet, dopo che il generale, esattamente mezzo secolo fa, prese il potere con un colpo di Stato che causò la morte del presidente Salvador Allende e il rovesciamento del suo governo, democraticamente eletto.
Carrasco fu arrestato anche una seconda volta, nel dicembre dello stesso anno: “Dopo avermi fermato mi portarono nell’Estadio Municipal de Concepción, da dove sono uscito dopo due mesi”, racconta ai microfoni della RSI.
Aveva 22 anni quando decise di lasciare il Paese per sfuggire al giogo della dittatura. Come molti altri compatrioti, fu costretto a fuggire e lo fece appoggiandosi a una rete che si era appena formata: “Si era creata questa organizzazione non governativa; mi ha poi aiutato un pastore luterano austriaco che aiutava le persone a fuggire. Si era anche creata la Vicaría de la Solidaridad (un’organizzazione cattolica a difesa dei diritti umani che collaborava anche con le chiese protestanti, ndr) e sono stato messo in contatto con un altro pastore che organizzava le fughe”.
José Carrasco ora vive in Svizzera. Ma non arivò direttamente nella Confederazione: “Prima andavamo in Argentina, dove ci fermavamo pochi giorni. Da lì volavamo verso l’Italia. Non direttamente in Svizzera perché la Confederazione inizialmente non voleva accoglierci”.
La prima tappa, in Italia, fu Roma; poi, Carrasco come altri si spostò verso Milano: “C’erano dei Valdesi che abitavano a Cinisello Balsamo e alcuni erano anche militanti del Partito Comunista che ci aveva aiutato nel lasciare il Paese”.
Dal Cile alla Svizzera per un nuovo futuro
RSI Info 15.11.1973, 16:09
Notiziario delle 05:00 del 06.09.2023
Notiziario 08.09.2023, 16:26
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Il Cile e i conti con il passato
Modem 30.08.2023, 08:30
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Il trucco della cartella gialla
Negli anni Settanta, in Italia, l’estrema sinistra e l’estrema destra si scontravano ferocemente. Erano gli anni di piombo e pochi anni prima, nel 1969, a Milano si verificò la strage di Piazza Fontana: un attentato terroristico che provocò 17 morti e 88 feriti, perpetrato dal gruppo terroristico di estrema destra Ordine Nuovo.
Non tutti, in Italia, erano quindi pronti a dare il benvenuto ai cileni che scappavano dal generale Pinochet. Per essere sicuri di affidarsi alle persone giuste, chi fuggiva dalla dittatura e chi aiutava gli esuli elaborarono un trucco legato a una busta gialla: “La tenevamo in mano arrivando a Milano e solo quando vedevamo qualcun altro lì che ne aveva una uguale la alzavamo. Se quello faceva lo stesso, sapevamo che era il nostro contatto”.
Da Milano, Carrasco raggiunse poi il Ticino grazie a "Posti Liberi", l'associazione del pastore evangelico Guido Rivoir il quale, aiutato da altri, organizzò il sostegno a centinaia di profughi.
50 anni dopo il golpe
Il Quotidiano 11.09.2023, 19:00