Il fumo che si alza denso dal Palacio de La Moneda, bombardato dai caccia militari. I carri armati per le strade di Santiago del Cile e i soldati, che appoggiano il sanguinario golpe di destra, schierati anche sui tetti di fronte al palazzo presidenziale, per cingerlo in una stretta letale. E poi il volto teso di Salvador Allende.
Il presidente socialista solleva lo sguardo, come fanno le sue guardie del corpo, verso il pericolo imminente. Tutti imbracciano i fucili. Poi il dramma si compie. Nelle immagini successive, in bianco e nero, quelle che raccontano il violento colpo di Stato di 50 anni fa, ecco il corpo di Allende, avvolto in un poncho, come fosse un sudario, portato a braccia da un militare e da un pompiere.
Allende non ha voluto fuggire e neppure consegnarsi ai militari che hanno tradito lui e la Democrazia. Poche ore prima della tragica morte, il celebre discorso, le ultime parole trasmesse via radio: "Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e ho la certezza che il mio sacrificio non sarà vano. Ho la certezza che, per lo meno, ci sarà una lezione morale che castigherà la vigliaccheria, la codardia e il tradimento".
L'11 settembre 1973 il Cile perde il suo presidente, la sua democrazia e comincia a piangere i suoi figli e le sue figlie. Migliaia. Spariranno nel nulla, in un Paese dove la tortura diventa un metodo e i diritti umani vengono calpestati sotto il tacco spietato della dittatura dei militari infedeli, che hanno tradito e colpito alle spalle il Paese e le sue istituzioni, elette democraticamente.
Isabel Allende, a 30 anni dal golpe di Pinochet
RSI Info 11.09.2003, 16:08
Iniziano i rastrellamenti ai danni degli oppositori politici del golpe orchestrato dal generale Augusto Pinochet, ma non solo. Basta poco per finire tra gli artigli di militari e agenti del regime: un commento di troppo, un sospetto, la spiata di un vicino di casa. I sequestrati vengono ammassati nello Stadio Nacional di Santiago del Cile, che diventa un vero e proprio campo di concentramento. Ben presto gli spalti si riempiono di migliaia di persone di ogni età ed estrazione sociale, controllate dai soldati. Dai sotterranei arrivano le urla delle torture.
I militari non perdonano chi si è schierato con Allende e le sue riforme economiche e sociali, tra le quali la nazionalizzazione delle principali industrie e materie prime come il rame, la tassazione delle plusvalenze, la riforma agraria, la costruzione di ospedali, la lotta alla povertà, il potenziamento dell'istruzione.
I numeri della strage: 2'125 morti e 1’102 sparizioni riconosciute
Rapiti, torturati, uccisi, spariti. I desaparecidos. I numeri della strage perpetrata dagli aguzzini durante la feroce dittatura del generale Augusto Pinochet (1973-1990) sono impressionanti, ma ancora oggi non definitivi. Secondo le più recenti cifre della Commissione della Verità e Riconciliazione, sono oltre 31’000 le vittime di violazioni ai diritti umani durante la dittatura cilena, con 2'125 morti e 1’102 sparizioni riconosciute.
La non profit “Nos Buscamos”, inoltre, ha stimato che tra gli anni '70 e '80 decine di migliaia di bambini furono strappati alle loro famiglie in Cile. Per lo più si trattava di persone povere. Il traffico di bambini è solo una delle numerose violazioni dei diritti umani commessi durante il regime di Pinochet. Centinaia le donne stuprate.
Augusto Pinochet nel 1988
Il mandato di cattura internazionale contro Pinochet
Nel 1998 - 25 anni dopo il golpe - il giudice spagnolo Baltasar Garzón emette contro Pinochet un mandato di cattura internazionale per la scomparsa di cittadini spagnoli avvenuta durante la dittatura. Il traditore di Allende è accusato di genocidio, terrorismo e tortura. È arrestato a Londra, dove si trova per farsi curare, ma il 2 marzo 2000 il ministro dell'Interno britannico Jack Straw lo fa liberare e tornare in Cile, dove riesce a evitare qualsiasi processo. Muore d'infarto nel 2006, a 91 anni.
Il colpo di Stato e il ruolo degli Stati Uniti
Il 26 agosto 2023 gli Stati Uniti hanno declassificato nuovi documenti che risalgono alla vigilia del golpe del 1973. Il coinvolgimento dell'allora presidente USA, Richard Nixon, e del Segretario di Stato, Henry Kissinger, nel piano per mettere fine all'esperienza socialista di Unidad Popular in Cile è da tempo più di un sospetto, ed è confermata da documenti precedenti, usciti sempre dagli archivi statunitensi. "Non vedo perché dovremmo restare con le mani in mano a guardare, mentre un Paese diventa comunista a causa dell'irresponsabilità del suo popolo. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni possano essere lasciati decidere da soli", disse Kissinger durante una riunione del 27 giugno 1970 in cui si esaminavano interventi segreti USA in Cile. Anche altri documenti declassificati durante la presidenza di Bill Clinton (1993-2001) provano come Washington e la CIA tentarono di rovesciare Allende dall'inizio degli anni '70.
La Svizzera rifiutò qualsiasi condanna del golpe
Il centro di ricerca Documenti diplomatici svizzeri (Dodis), in occasione del 50esimo del golpe, ha costituito un dossier sulla base delle fonti dell'epoca, dal quale emerge come il Consiglio federale rifiutò qualsiasi condanna del colpo di Stato, nonostante la feroce repressione contro ampi settori della popolazione cilena.
Ancora prima del golpe, l'ambasciatore della Svizzera a Santiago del Cile si mostrava ostile nei confronti del presidente di sinistra Allende. Per il diplomatico, il candidato che si era aggiudicato le elezioni il 4 settembre 1970 doveva la sua vittoria a "una cucina sordida" fra partiti di sinistra.
Nel corso dei quasi tre anni di presidenza di Allende, il Cile subisce rapidamente le pressioni di creditori internazionali. Per la Svizzera, è la politica guidata dalla sinistra ad aver condotto il Paese in questa situazione catastrofica.
Anche nel rapporto che pubblica dopo il colpo di Stato del 1973 emerge l'attitudine ostile dell'ambasciatore Charles Masset. "Accecato dal suo anticomunismo, l'ambasciatore rimane una figura centrale e problematica delle relazioni Svizzera-Cile in questo periodo", scrive il Dodis. Masset considera di essere confrontato al "dispiegarsi di un processo rivoluzionario volto a instaurare una dittatura marxista" e scredita la politica cilena in ognuno dei suoi rapporti a Berna.
I rifugiati cileni ufficialmente indesiderati in Svizzera
Il seguito al colpo di Stato di Pinochet, migliaia di cittadini cileni cercarono rifugio all'estero. Nonostante fossero ufficialmente indesiderati in Svizzera, i cileni che riuscirono a rifugiarsi nella Confederazione, spiega il Dizionario storico della Svizzera (DSS), "influenzarono l'attitudine della sinistra nei confronti del cosiddetto Terzo mondo, in particolare a Zurigo, Berna e Ginevra. I sanguinosi avvenimenti in Cile e la precaria situazione dei perseguitati acuirono la sensibilità nei confronti delle violazioni dei diritti dell'uomo da parte delle dittature militari e, prendendo spunto dal ruolo avuto dalla CIA e dalle imprese multinazionali, della situazione di dipendenza nella quale si trovavano i Paesi in via di sviluppo".
Le vie clandestine di entrata nella Confederazione, anche attraverso il Ticino
Il Consiglio federale dell'epoca aveva deciso di introdurre un visto obbligatorio per i cileni. Decisione che impediva di fatto la loro partenza, perché sarebbe equivalso a un suicidio, per un oppositore del regime, presentarsi all'ambasciata per chiedere il visto. Vennero così promosse vie di ingresso clandestine, come si può leggere nella parte dedicata al tema sul sito Le vite dei giusti. "Grazie a biglietti d’aereo in bianco anticipati da Roberto Malan (un nipote di Guido Rivoir, già capo della Resistenza nelle valli valdesi e all’epoca gerente di un’agenzia di viaggi) i profughi, protetti da ambienti della Chiesa cattolica cilena e giunti a Buenos Aires per vie non note, prendevano il volo per Milano, dove erano attesi da militanti della Azione posti liberi e accompagnati direttamente in Ticino o accolti temporaneamente presso la comune di Cinisello Balsamo, di cui facevano parte alcuni valdesi, o in Piemonte. Una volta in Svizzera, i profughi presentavano la richiesta d’asilo, in attesa della quale venivano ospitati in case private del Ticino o di altri cantoni. Guido Rivoir fu il volto pubblico dell’organizzazione, ma a questa azione solidale parteciparono attivamente, in forme diverse, decine e decine di persone".
50 anni dal golpe in Cile: il ricordo dell'esule cileno José Carrasco, che dal Cile arrivò in Ticino
RSI Info 08.09.2023, 16:31
Dal Cile alla Svizzera per un nuovo futuro
RSI Info 15.11.1973, 16:09
Il carcere degli aguzzini di Pinochet
Il dibattito sul carcere speciale di Punta Peuco, dove si trovano gli aguzzini della dittatura di Pinochet, detenuti in condizioni di maggior comodità rispetto ai penitenziari ordinari del Paese, è tornato d'attualità in questi giorni. Attualmente vi sono reclusi oltre 130 ex militari, perlopiù ultrasettantenni, ex agenti della Dina e del Cni - l'intelligence del regime autoritario - responsabili di esecuzioni, sparizioni e torture. "Non è ragionevole che esistano privilegi per persone che hanno commesso crimini contro l'umanità", ha dichiarato il socialista Juan Santana, tra i promotori dell’iniziativa che vorrebbe trasferire in un carcere per reati comuni gli ex militari. Iniziativa che vede l’opposizione delle destre.
Il Piano nazionale di ricerca dei desaparecidos
Il 30 agosto 2023 il presidente Gabriel Boric ha firmato il decreto che formalizza il Piano nazionale di ricerca delle vittime di sparizioni forzate durante la dittatura militare. Delle migliaia di vittime di sparizioni, "ne abbiamo trovate solo 307. È ora di correggere questa situazione", ha detto Boric in occasione della Giornata internazionale dei desaparecidos. Il piano prevede una centralizzazione degli enormi fascicoli giudiziari e di altri archivi. Verranno impiegati software speciali e finanziate le ricerche (nei luoghi dove potrebbero essere sepolte le vittime) e gli scavi in sospeso da anni per mancanza di finanziamenti.
Victor Jara, considerato il "Bob Dylan" cileno, ha ispirato musicisti come Bruce Springsteen, i Clash, e gli U2
Giustizia per Victor Jara, il “Bob Dylan” cileno
Sempre il 30 agosto 2023 la Corte suprema ha reso giustizia al cantautore Victor Jara, martirizzato nello stadio Cile, emblema degli orrori della dittatura di Pinochet. Sette ex membri dell'esercito in pensione (ora tra i 73 e gli 85 anni) sono stati condannati in via definitiva a pene tra gli 8 e i 25 anni di carcere per omicidio e sequestro. L'ex brigadiere dell'esercito Hernan Chacon, dopo il verdetto, si è tolto la vita. I verdetti riguardano Raul Jofré Gonzalez, Edwin Dimter Bianchi, Nelson Haase Mazzei, Ernesto Bethke Wulf, Juan Jara Quintana e Hernan Chacon Soto, condannati, oltre che per l'assassinio e il sequestro di Jara, anche per l'omicidio di Litré Quiroga, all'epoca direttore del sistema carcerario nazionale.
Secondo quanto ricostruito dal processo, Victor Jara, considerato il "Bob Dylan" cileno - che negli anni ha ispirato musicisti come Bruce Springsteen, i Clash, e gli U2 - voce della rinascita culturale del Paese con Allende, fu catturato nei rastrellamenti insieme ad altre centinaia di studenti e accademici all'Università tecnica di Santiago, dove insegnava, all'indomani dell'assalto al palazzo della Moneda.
Al suo arrivo al campo di prigionia, l'autore della Nueva cancion cilena fu subito bersaglio di calci e pugni, che gli sfigurarono il volto. Poi, in uno spogliatoio dello stadio, fu privato di cibo e acqua e torturato a più riprese. Lo costrinsero a cantare alcuni dei suoi brani, quando le sue mani erano ormai maciullate. E il 15 settembre il suo corpo fu trovato in mezzo ad altre centinaia di cadaveri, pronto per le fosse comuni.
Sudamerica, un continente in divisa
RSI Info 05.04.1974, 16:08
“Per la democrazia, sempre”
L’8 settembre 2023, cinque giorni prima dell'anniversario del golpe, il presidente cileno Gabriel Boric e 4 ex capi di Stato viventi (Michelle Bachelet, Ricardo Lagos, Eduardo Frei e Sebastian Piñera) hanno firmato in un documento l'impegno “Per la democrazia, sempre”. Nel testo sottolineano la tradizione democratica del Cile e si "impegnano a mantenerla, nonostante le differenze politiche", "prendendosi cura e difendendo la democrazia, nonché rispettando la Costituzione e lo Stato di diritto". "Nel 50esimo anniversario del violento crollo della democrazia in Cile, che costò la vita, la dignità e la libertà di tante persone, cilene e di altri Paesi, vogliamo, affrontare le sfide con più democrazia, mai con meno, condannare la violenza e promuovere il dialogo e la risoluzione pacifica delle differenze, con l'obiettivo del benessere dei cittadini".
Commemorazione dell’11 settembre 1973, il centrodestra non aderisce
Il Cile arriva diviso all'appuntamento con l'anniversario dei 50 anni dal golpe del generale Pinochet. Il centrodestra ha confermato ufficialmente che non parteciperà alla commemorazione organizzata dal Governo di Gabriel Boric per l'11 settembre. Tanti i punti sui quali gli opposti schieramenti non vogliono trovare l’intesa. Più in particolare, Vamos Chile e Repubblicani di Kast sono contrari alla chiusura del carcere speciale di Punta Peuco (penitenziario dove sono detenuti in regime privilegiato i militari condannati per i delitti commessi durante la dittatura) e alla revoca del segreto della Commissione Valech (sugli abusi commessi durante il regime). Entrambe le iniziative sono al vaglio del Governo.
Notiziario delle 05:00 del 06.09.2023
Notiziario 08.09.2023, 16:26
Il Cile e i conti con il passato
Modem 30.08.2023, 08:30
50 anni fa il colpo di Stato in Cile
Telegiornale 11.09.2023, 20:00
50 anni dopo il golpe
Il Quotidiano 11.09.2023, 19:00
50 anni fa l'inizio della dittatura cilena
SEIDISERA 11.09.2023, 18:43