Pandemie, epidemie, emergenze sanitarie causate da calamità naturali, quando scatta l’emergenza un team dell’Organizzazione mondiale della sanità entra in azione. Della squadra fa parte anche il ticinese Andrea Vicari, epidemiologo dell’OMS che da anni vive a Washington dove la RSI lo ha intervistato.
“Il mio lavoro si situa tra il pompiere e l’equilibrista. Un pompiere che interviene quando ci sono focolai di malattie infettive, cercando di sostenere le autorità e i colleghi dei paesi colpiti. Un equilibrista perché sempre è anche questione di diplomazia e di tatto”.
Competenze che il ticinese ha dovuto imparare: “Nel 2005 ad Haiti per una campagna di vaccinazione contro il morbillo siamo andati a incontrare la ministra della salute dell’isola. Ero molto giovane e anche molto svizzero. Ricordo di aver fornito molto sistematicamente tutti gli elementi di quello che bisognava fare. Mi hanno ascoltato, hanno assentito, ma poi mi hanno detto di aspettare di fuori dall’ufficio. Non sono potuto tornare ad Haiti per due anni perché ciò che avevo detto era stato troppo diretto”.
Tra le cose che non sono andate come si aspettava, l’epidemiologo cita “la pandemia del Covid-19 che è stata un evento enorme in termini di sanità pubblica. In una situazione del genere non ci sono solo successi, ma anche aspetti che si imparano e si aggiustano nel tempo”. A non aver funzionato, aggiunge, “è stata sicuramente il poter spiegare la scienza e come queste tecnologie si sviluppano. Questo è un aspetto estremamente importante. Ma anche spiegare con sincerità che ci possono essere anche degli interessi commerciali che sono naturali nella nostra società, ma che non compromettono la sicurezza e l’efficacia di un vaccino”.
Molti si chiedono se la scienza riuscirà a stare al passo con le pandemie, sconfiggendole definitivamente. “C’è stato un periodo nel secolo passato - spiega Vicari - dove si pensava questo. Credo che ciò non accadrà, ma non dobbiamo neppure avere troppa paura. Oggigiorno è molto facile passare da una selva amazzonica o da un mercato in Cina ai nostri luoghi in 24 ore. Ci sono più occasioni di stare a contatto con ecosistemi dove ci sono virus e batteri che non conosciamo. Sarà sempre una gara a stare davanti”.