In una persona affetta da Covid-19 gli anticorpi contro il coronavirus proteggono mentre quelli che attaccano noi stessi, gli autoanticorpi, sono nocivi. Non tutti, però, hanno scoperto i ricercatori dell'IRB di Bellinzona in collaborazione con quelli delle Università di Berna e Zurigo e di altri atenei italiani, statunitensi e britannici, oltre che con l'Ente ospedaliero cantonale e con il gruppo ospedaliero Moncucco.
I primi coautori dello studio: Valentina Cecchinato e Jonathan Muri, postdottorandi all’Istituto di Ricerca in Biomedicina
In precedenza, spiegano gli autori dello studio pubblicato dalla rivista Nature Immunology, si era accertato che autoanticorpi sono frequenti in malati che finiscono in cure intense. Se ne sono rinvenuti però ora anche altri, che neutralizzano le chemochine, molecole che "dirigono il traffico" delle cellule immunitarie. In questo modo, contribuiscono a bloccare la risposta infiammatoria, "spegnendo" il sistema immunitario al momento giusto. Questo rende più favorevole il decorso e riduce il rischio di long Covid, che dura settimane o anche mesi.
Quello ottenuto è un primo risultato, ma - dicono i ricercatori - il lavoro da svolgere è ancora molto.
Le sfide del long covid
Telegiornale 21.02.2022, 20:00