Gli anziani vivono più a lungo, ma spesso gli ultimi anni sono trascorsi nel segno della malattia. Passando magari da un medico all’altro. E qualcuno arriva a chiedersi, che vita è? “Difficile rispondere, ma certamente la longevità non è solamente una conquista”, dice Filippo Ongaro, medico e coach molto noto, che è stato intervistato a 60 Minuti. “Ci sono molti problemi che si associano all’allungamento della vita media. La medicina fa il proprio dovere, vale a dire ci cura sempre meglio”.
Ma questo non basta. “D’altro lato forse noi non facciamo in pieno il nostro dovere - continua lo specialista -. Molte delle malattie di cui ci ammaliamo nella parte più tardiva della nostra vita in realtà traggono origine dagli stili di vita errati che iniziamo ad adottare molto tempo prima. Credo che in futuro la sfida, perché non è solo un’opportunità, si vinca cercando di associare il grande impatto tecnologico che la medicina di oggi può avere con degli stili di vita che promuovano la salute”. Non si tratta solo di adottare comportamenti che facciano prevenzione: “Il problema è che ci sono stili di vita che concausano delle malattie”.
Ogni individuo deve fare i conti anche con la genetica. Quale fattore pesa di più? “I ricercatori oggi sostengono che la genetica incida circa per un 20%, quindi lo stile di vita ha un impatto molto più potente. Questo forse molte persone ancora non lo considerano. Molto del nostro destino in termini di salute è determinato non dai nostri geni, ma dalle scelte che facciamo tutti i giorni. Dall’alimentazione, all’attività fisica, allo stress”.
Quello della longevità è un percorso, lo dice la parola, lungo. Una partita che si inizia molto giovani. Quindi dipende anche da un messaggio educativo di vita. “Credo molto che questo non sia un tema della terza età, ma un tema delle persone che oggi hanno tra i 30 e i 50 anni. Quella è l’età in cui un cambiamento di stile di vita, non necessariamente una rivoluzione, può davvero avere un effetto molto importante. L’idea, in fondo piuttosto semplice, è di prendere una persona quando ancora ha la sua salute pienamente integra e cercare di espandere gli anni in salute, comprimendo la malattia il più possibile nella fase tardiva della vita”.
Ma la longevità è appannaggio di tutti o soltanto di chi ha i mezzi per garantirsela? “Credo che su questo ci sia un po’ di confusione - osserva Ongaro -. Passa un messaggio secondo cui se uno non è miliardario sembra sia impossibile prendersi cura di sé. Credo che ciò sia poco corretto, perché i cambiamenti di stili di vita hanno un costo molto relativo e a volte non hanno alcun costo. Si tratta semplicemente di fare una scelta diversa e sostenibile”. L’obiettivo, continua il medico, “non è che pochi molto ricchi vivano fino a 100-120 anni. Questo cambierebbe molto poco il panorama della salute per tutti noi e per la nostra società. L’obiettivo è che i molti che arrivano a 80-90-95 anni ci arrivino più sani e più forti”.
Ci vuole metodo, ci vuole disciplina. Ma quali sono le principali qualità che dobbiamo avere? “La costanza senza dubbio è l’ingrediente più importante, però devo dire che forse non è tanto la disciplina e la forza di volontà, ma la consapevolezza. Bisogna essere più consapevoli del dono che è questa vita. Bastano magari pochi passi, ma consistenti nel tempo per cercare di evitare, da un lato, i macro-errori che ormai conosciamo tutti e, dall’altro, provare ad inserire delle abitudini che costruiscano la salute. È importante trovare un equilibrio personale, dove si contempla anche la gratificazione e il piacere. Non soltanto il sacrificio e la rinuncia che a lungo andare sono insostenibili anche nelle persone più disciplinate”.
Filippo Ongaro è noto anche per essere stato il “medico degli astronauti”, per il suo lavoro con l’Agenzia spaziale europea. “Per certi aspetti gli astronauti - dice - sono supereroi. Sono persone molto speciali, con caratteristiche speciali. Ma non sono supereroi sul piano fisico, non sono atleti o campioni olimpici. Bisogna tener presente che senza un programma adeguato, che noi chiamiamo di contromisure ma di fatto è di prevenzione rispetto agli effetti del volo spaziale, gli astronauti in sei mesi invecchiano l’equivalente di dieci anni a terra”.
Infine, il medico sfata un altro mito derivante dal mantenimento estetico. “Non basta sembrare giovani per essere sani. Diciamo che il desiderare sembrare giovani non è del tutto sbagliato. Il movente estetico è uno stimolo, ma poi i due aspetti non sono necessariamente analoghi. A volte si toccano, a volte no. La salute fisica dovrebbe provocare come conseguenza un miglioramento estetico, mentre il contrario è difficile”.