Gli abusi compiuti dall’ex operatore sociale del Cantone, condannato in appello a 18 mesi sospesi per coazione sessuale e violenza carnale, sarebbero potuti emergere prima? È la domanda sorta a margine della vicenda penale, che vede coinvolto l’allora superiore dell’imputato: Ivan Pau-Lessi.
La Corte delle Assise Criminali era stata categorica. Pau-Lessi avrebbe dovuto agire diversamente dopo che, nel febbraio del 2005, la vittima del 61enne e un’altra ragazza andarono da lui per segnalargli il problema. Già, ma cosa gli dissero esattamente? Gli parlarono di rapporti sessuali, come sostenuto dalla donna, o si limitarono a raccontargli di avances, come riferito dall’amica e dallo stesso Pau-Lessi?
La Corte di appello si è chinata sulla questione, e ha sposato la seconda delle due tesi. Durante l’inchiesta Pau-Lessi ha dichiarato di non avere più ricordi precisi di quel colloquio. “Cosa comprensibile, visti gli anni trascorsi” – recita la sentenza resa nota ieri. L’ex funzionario ha quindi confermato il contenuto degli appunti presi allora.
Certo, a verbale ha detto anche di “non potere escludere” che la giovane si fosse espressa nei termini da lei indicati. Ma per la Corte questo è spiegabile: “O con la forse eccessiva onestà intellettuale di Pau-Lessi, indotta probabilmente dall’insistenza di chi lo stava interrogando. O, ancora, con una manifestazione di riguardo verso la ragazza.”
La Corte di appello non parla del comportamento avuto da Ivan Pau-Lessi durante e dopo l’incontro del 2005, su cui il verdetto di primo grado si era invece lungamente soffermato, sollevando più critiche (a cominciare dal fatto che Pau-Lessi non menzionò, alle due giovani, la possibilità di sporgere denuncia penale o di chiedere un sostegno psicologico). Nel frattempo questi aspetti sono stati però esaminati dal Governo, secondo il quale Pau-Lessi e il resto dell’amministrazione agirono correttamente.
I dettagli della sentenza
Il Quotidiano 29.04.2021, 21:00