“L’idea risale a due anni fa, quando abbiamo avuto i primi contatti con la Fondazione aiuto svizzero per madre e bambino, che ha creato strutture simili a Einsiedeln, Davos e presto ne aprirà anche in altri centri. Poi per vari motivi non è stata approfondita fino allo scorso mese di febbraio quando la vicenda del bambino abbandonato a Besso mi ha spinto a riattivarla”. Così Sandro Foiada, direttore dell’Ospedale Regionale di Bellinzona e Valli e direttore IOSI, descrive la genesi della “Baby-finestra”, che presto diventerà realtà nel nosocomio della capitale.
Ma come funzionerà concretamente?
Come le altre baby-finestre già attive in Svizzera, perché il partner è sempre lo stesso. “Concretamente questo significa che il genitore potrà consegnare il bimbo in condizioni di assoluto anonimato; dopo circa tre minuti scatta l’allarme e interviene il personale dell’ospedale che si prende cura del piccolo. Per un anno, che è più o meno anche la tempistica di una procedura di adozione, chi ha abbandonato il piccolo potrà ritornare sui suoi passi, fermo restando che un test del DNA dimostri in maniera inequivocabile che è il genitore. Per quanto concerne gli aspetti giuridici e amministrativi se ne occuperà la delegazione tutoria, con la quale prenderemo contatto prossimamente per definire come procedere”. C’è quindi ancora qualche nodo organizzativo da sciogliere, ma lo sportello – ci dice Foiada – dovrebbe diventare realtà in tempi relativamente rapidi.
Tempistica
Secondo Foiada il progetto dovrebbe diventare realtà il prossimo autunno-inverno. “Dobbiamo ancora chiarire gli aspetti logistici: dove mettere la finestra? Abbiamo almeno tre edifici all’interno della nostra struttura che reputiamo idonei, ma dobbiamo capire qual è la soluzione migliore. Dovremo poi anche definire in dettaglio come procedere dal profilo pediatrico e neonatologico quando qualcuno consegna un bimbo”.
Il bisogno esiste
Giunti a questo punto è lecito chiedersi se il nostro cantone ha veramente bisogno di una struttura del genere? “Alla luce della vicenda di Besso direi di sì. Ci sono sicuramente altri casi, che non conosciamo e se con questa struttura riusciamo a salvare anche solo un bebè direi che ne è valsa la pena”. Inutile dire che condividiamo appieno; ci chiediamo però anche se un bambino non ha il diritto di sapere chi sono i suoi genitori e se, in definitiva, la pur nobile idea non abbia qualche limite giuridico? “Sicuramente non c’è nulla di illegale nel consegnare un bebè nelle mani di personale sanitario qualificato. – replica convinto Foiada – Resta il fatto che il bimbo non è stato annunciato alle autorità al momento della nascita. Questa è un’infrazione di tipo amministrativo, mentre le ricordo che abbandonare un bimbo in un bosco e probabilmente a morte sicura è un reato. Questo tra l’altro non sono solo io ad affermarlo, ma tutti i parlamenti cantonali che si sono chinati sulla proposta della Fondazione”.
Rischio "turismo degli abbandoni" minimo
Volendo fare l’avvocato del diavolo si potrebbe poi anche chiedersi se una struttura del genere non verrà in definitiva utilizzata anche da persone che provengono da oltre confine? “Ce lo siamo chiesti e se l’Ente Ospedaliero avesse scelto l’ospedale di Mendrisio probabilmente la risposta sarebbe stata sì. Comunque – considerato che le realtà culturali sono molto simili – non penso che la nostra baby finestra potrà portare a una specie di turismo degli abbandoni”.
Costi
Per finire i costi, che per l’Ente Ospedaliero Cantonale sono praticamente ridotti a zero, ci spiega Foiada: “La Fondazione si assumerà quelli legati alla costruzione della finestra e le spese ospedaliere del piccolo fino al momento in cui verrà affidato a una famiglia. A noi restano i costi del riscaldamento elettrico della culla nel quale viene abbandonato il piccolo, che sono molto ridotti”.
Sandro Pauli
L’apertura della prima “baby-finestra” in Svizzera risale al 2001 all’Ospedale di Einsiedeln. Alla vicedirettrice Erika Neuhaus-Steiner abbiamo chiesto un bilancio di questa esperienza. “In 12 anni abbiamo accolto 8 bambini . Che io sappia, ma la domanda andrebbe rivolta a chi si occupa di tutele e curatele, in un caso vi è stato un ripensamento della madre che, dopo aver dimostrato di essere in grado di curare il neonato, se lo è ripreso”.
Per il resto cosa ci può dire di questi otto bimbi? “Poco. Si trattava di tre maschietti e cinque femmine, che ci sono stati consegnati in buone condizioni di salute. Delle loro origini noi non sappiamo proprio nulla”. Globalmente – ci ha inoltre detto – l’esperienza è stata molto positiva e il nosocomio non si è pentito di aver funto da pioniere in questo ambito. “Anche la popolazione ha accolto molto bene il progetto, che viene rispettato e non è mai stato oggetto di atti di teppismo. Una sola volta – durante un carnevale – un buontempone ci ha lasciato un orsacchiotto di pelouche”. Infine un consiglio per i colleghi del San Giovanni di Bellinzona, che tra poco si lanciano in quest’avventura: “abbiate cura dello sportello e informate la popolazione della sua esistenza; molte donne vi saranno riconoscenti”.
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