Giorgio Bonomi è guardiacaccia ormai da una ventina d'anni. Per lui non è soltanto una professione, ma anche una passione. In occasione della riapertura della caccia alta, la RSI lo ha accompagnato sul Monte Tamaro per scoprire il suo lavoro. Un lavoro che non è soltanto quello di rincorrere i cacciatori che violano le norme.
"Abbiamo sempre gli scarponi ai piedi, dato che siamo attivi sul terreno. Anche se sembra che oggigiorno si passi più tempo in ufficio che fuori" racconta Bonomi, spiegando che il percorso del guardiacaccia inizia con l'assunzione come dipendente cantonale, e poi con dei corsi intercantonali e un esame.
Sul campo, non si tratta soltanto - come detto - di tenere sotto controllo i cacciatori: il lavoro del guardiacaccia è anche quello di proteggere il territorio in cui gli animali vivono, fare in modo che si favorisca la biodiversità. E ha anche il compito di censire gli animali presenti e il loro numero. Intervenire quando ce ne sono troppi o troppo pochi.
In calo il numero dei camosci
Un buon esempio è quello del Camoscio: sul territorio tra Tamaro, Lema e Gambarogno la caccia al camoscio è infatti proibita per i prossimi tre anni. "Vent'anni fa - afferma ancora Bonomi - censivo tra i 250 e i 300 esemplari, l'anno scorso erano 70. Sono numeri che devono farci pensare. Le società di caccia locali hanno capito che non è più motivabile un prelievo venatorio su questa specie". Per ora: se un domani il numero di camosci dovesse aumentare, la situazione potrà allora cambiare.
La diminuzione della popolazione non è da ricondurre, in questo caso, alla caccia. Il fenomeno - lo spiega Bonomi - è marcato lungo tutto l'arco alpino e non si è ancora compreso il motivo.
"Un'attività necessaria per la gestione degli esemplari"
Ai cacciatori era già stato concesso un primo periodo, fra il 3 e il 17 settembre, per la caccia alta. Due settimane in cui "non ci sono stati incidenti particolari e le catture sono in linea con lo scorso anno" afferma Tiziano Putelli, capo dell'Ufficio della caccia e della pesca, interpellato dalla RSI.
La caccia - lo ricorda Putelli - è un'attività necessaria per la gestione degli esemplari presenti sul territorio. "È chiaro che la gestione deve essere calibrata. Laddove abbiamo problemi di danni e numeri, la caccia può essere maggiormente spinta. Per contro, quando una specie presenta dei numeri che permettono il prelievo venatorio, come il caso del camoscio, ma con delle riduzioni magari locali, ecco che anche le regole della caccia devono essere adattate alla situazione.
"Siamo tenuti al imitare i danni alle foreste e alle colture agricole. Oggi il problema è da ricondurre all'enorme numero di cervi e chinghiali. E per quanto riguarda i cinghiali, non vi è una limitazione, in quanto si mira a prevenire la diffusione della peste suina africana, già presente nei territori d'oltre confine".
Al via la caccia alta
Il Quotidiano 04.09.2022, 21:00