La procura pubblica grigionese dovrà occuparsi nuovamente delle implicazioni penali della tragedia avvenuta in val Bondasca nel 2017, costata la vita a otto persone. Lo ha stabilito il Tribunale federale in una sentenza pubblicata oggi, venerdì.
I famigliari delle vittime ritengono l'allora sindaca di Bregaglia e ora consigliera nazionale, Anna Giacometti, responsabile della tragedia, assieme al forestale del Comune e altre tre persone che al momento della frana del Cengalo lavoravano per l'ufficio cantonale foreste e pericoli naturali. Li accusano di non aver adottato le necessarie misure di sicurezza, in particolare la chiusura preventiva al pubblico della Val Bondasca e dei sentieri che portano alle capanne.
Misure che a loro avviso avrebbero potuto evitare la tragedia di quel 23 agosto quando gli 8 escursionisti vennero travolti da quasi 4 milioni di metri cubi di materiale che si staccarono dalla montagna, da anni pericolante. Le autorità grigionesi, invece, dopo due anni di indagini avevano scagionato Giacometti e i funzionari: la procura aveva emanato un decreto di abbandono sostenendo che il crollo non era prevedibile. Decisione confermata dal Tribunale cantonale.
Ma ora il TF smentisce inquirenti e giudici cantonali, senza entrare nel merito delle eventuali colpe, la corte losannese ha rilevato come le istanze retiche abbiano basato le loro decisioni su un rapporto elaborato anche da alcuni imputati, senza tenere sufficientemente conto delle regole sulla ricusazione. Da qui la necessità, per i giudici di Mon Repos, che procura retica riapra l'inchiesta.
Così, mentre a Bondo e in Bregaglia si stanno discutendo gli ultimi lavori per ripristinare la situazione a valle, la vicenda giudiziaria si riapre sul capitolo più drammatico del crollo del Cengalo in Val Bondasca.
Frana del Cengalo, il caso si riapre
Telegiornale 12.02.2021, 13:30