Phishing e cybertruffe di ogni genere sono in aumento in Svizzera e chiunque può cadere nella rete tessuta da malintenzionati, sia che si tratti di organizzazioni criminali, sia che si tratti di cani sciolti o truffatori alle prime armi. Ieri vi abbiamo raccontato la storia di Marta e Fausto. La prima ha ricevuto un messaggio che sembrava essere stato spedito da LaPosta e cliccando su un link e immettendo i dati della sua carta di credito, si è vista portare via circa 500 franchi. Fausto invece è stato vittima di una truffa molto ben elaborata: dopo aver dato fiducia a quello che sembrava essere un consulente antifrode della sua banca, si è ritrovato con il conto in banca prosciugato.
Di phishing e truffe digitali di varia natura se ne parla però da anni. Per quale motivo allora c’è sempre chi abbocca all’amo lanciato online? Lo abbiamo chiesto a Paolo Attivissimo, giornalista informatico ed esperto di criminalità informatica:
“Le truffe informatiche, ai danni dei correntisti bancari, per esempio, sono fatte in modo estremamente professionale: vengono creati dei siti falsi che somigliano moltissimo a quelli reali, vengono mandati dei messaggi che sembrano provenire dalle banche o dai servizi di consegna postale, insomma ci sono tutte le premesse per essere molto realistici nella creazione di queste truffe. Il risultato è che le persone non essendo particolarmente abituate a vedere questo tipo di realismo ci cascano facilmente”.
Quindi ad abboccare non sono solo gli sprovveduti…
“Assolutamente no. Anzi, il problema è proprio l’eccesso di fiducia che molte persone hanno nelle proprie capacità: tutti pensiamo di essere capaci di accorgerci di un inganno. Ma, avendo a che fare con dei professionisti del crimine, che sanno toccare tutte le leve emotive giuste, allora le nostre difese si abbassano.
Inoltre, purtroppo molti servizi stanno ancora usando delle tecniche di comunicazione poco sicure. Oggi esistono delle app specifiche che consentono una cosa chiamata autenticazione a due fattori, che sono estremamente più sicure. Le banche, i fornitori di servizi postali, qualunque sito di vendita dovrebbe comunicare con i propri utenti non con gli SMS ma soltanto all'interno del servizio stesso”.
Siamo davvero di fronte a una recrudescenza di questi casi?
“È difficile da dire. Molto spesso questo tipo di reato o tentato reato non viene segnalato. Le statistiche sono variabili. Quello che posso però dire è che sia io sia i miei colleghi che si occupano di sorvegliare questo fenomeno hanno notato un aumento delle segnalazioni informali di questi casi. Le ragioni probabilmente sono dovute al fatto che anche il crimine organizzato si è dovuto riconvertire durante la pandemia trovando nuovi canali per continuare a mantenere la propria attività”.
Come si contrasta quindi questo fenomeno? La sensibilizzazione è sufficiente?
“La sensibilizzazione non basta mai. C’è sempre una generazione nuova di utenti di questi servizi che si affaccia a Internet e quindi non è al corrente di questo tipo di trappole. E poi ci sono persone che sono particolarmente sensibili e vulnerabili alle quali è difficile fare arrivare questo messaggio di sensibilizzazione. Però è importante cominciare a farla”.
“Dal punto di vista degli strumenti legali, ci sono, sono sufficienti per quello che riguarda il territorio nazionale, il problema è che quando questi crimini vengono effettuati, di solito c’è di mezzo una frontiera. Vale a dire: il truffatore che vuole colpire in Svizzera di solito non risiede in Svizzera, e questo rende estremamente più onerose le attività di contrasto dal punto di vista delle forze di polizia: serve un coordinamento internazionale, quindi se non sono reati di grandissimo respiro, raramente ci sono le risorse disponibili per fare un intervento di polizia”.
Le truffe corrono online: la testimonianza
RSI Info 02.03.2022, 13:18
Seidisera del 07.03.22 - L'intervista a Paolo Attivissimo
RSI Info 07.03.2022, 08:35
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