Dal rapporto dell'Università di Zurigo sugli abusi sessuali nel contesto della Chiesa Cattolica svizzera negli ultimi 70 anni sono emersi oltre mille casi di abusi sessuali. Monsignor Alain De Raemy, l'amministratore apostolico della Diocesi di Lugano, nel corso della conferenza stampa organizzata mercoledì, ha più volte ribadito la completa disponibilità ad andare a fondo ad ogni caso che si presenterà in futuro. Parole importanti, anche forti, ma adesso si attendono i fatti. E se lo aspettano le vittime, prima di tutti.
Intanto resta sul tavolo un argomento - quello della distruzione degli archivi - molto delicato, che in conferenza stampa è stato trattato dal vicario generale, Don Nicola Zanini. La RSI lo ha intervistato.
Che idea si è fatto lei sulla sparizione di questi documenti? C'è stata volontà di insabbiamento?
"Non penso vi sia stata volontà di insabbiamento. Se leggiamo nella relazione i vescovi o il vescovo, che ha agito in questo caso nel '99, monsignor Torti ha messo in pratica quello che diceva il Codice di diritto canonico con l'errore, questo sì, di non averne lasciato traccia. Penso che la preoccupazione fosse quella di seguire, a quel momento, quanto il Codice di diritto canonico chiedeva", spiega Don Nicola Zanini.
Lei diceva che però in generale sono stati entrambi degli errori, lo conferma?
"Non lasciarne traccia certamente sì. Non possiamo comunque giudicare l'operato di un vescovo unicamente per questo aspetto puntuale, che certo è faticoso e oggi ne sentiamo tutta la fatica. Posso però assicurare che dal 2004 in poi i documenti sono stati tutti conservati".
Come intende risolvere le lacune di gestione di questi archivi?
"Il rapporto conferma che negli ultimi anni si sta svolgendo questo cammino di riordino. Un riordino che è già iniziato nel 2012, quando è stato aperto il nuovo archivio e che adesso continua speditamente. Le ricercatrici insistono che nelle diocesi ci sia maggiore personale a servizio di questo. Noi già al mese di giugno abbiamo deciso di assumere una persona competente al 60% in archivio proprio per questo tipo di lavoro".
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