Ticino e Grigioni

Donna e guardia carceraria

Emerge in Ticino la necessità di avere più agenti femminili nel sistema penitenziario - Le riflessioni di una di loro ai microfoni della RSI: fra impegno in carcere e condizionamenti nella vita privata

  • 26 gennaio, 12:48
  • 26 gennaio, 16:46
Ti_Press_SA_418494.jpg

La struttura della Farera, dove sono collocate le persone in detenzione preventiva, è quella in cui per ora vengono incarcerate le donne

  • archivio tipress
Di: SEIDISERA/John Robbiani 

In Ticino è stato lanciato in questi giorni il concorso per l’assunzione di nuovi agenti di custodia. E si guarda segnatamente a professioniste donne poiché, in vista dell’attesa sezione femminile del penitenziario della Stampa, ci sarà specialmente bisogno di loro.

Il carcere della Farera, dove sono collocate le persone in detenzione preventiva, è anche quello in cui per ora vengono incarcerate le donne. Selene è delle 15 guardie carcerarie donne in servizio nel carcere. Ha 35 anni, è appuntato, ed è operativa nella struttura da quasi un decennio. “C’è sicuramente stupore quando ti chiedono che lavoro fai.”, dice ai nostri microfoni. Dapprima estetista, decise poi di imprimere un drastico cambio alla sua vita: “A un certo punto, un po’ per gli amici che ne parlavano, mi sono interessata” a questa professione. “Mi sono avvicinata e sono contenta comunque della scelta”.

Ma come vive Selene il rapporto con le persone detenute? “Ci sono diverse etnie, diverse tipologie di persone. Sicuramente non ci si annoia. Si vedono delle realtà che stupiscono sempre di più ogni giorno, talvolta anche in negativo... Rispecchia parzialmente anche quello che è la società all’esterno”. Si tratta quindi di saper instaurare un rapporto, ma anche di mantenere le necessarie distanze. “Nella nostra struttura”, spiega Selene, “ci conoscono per il numero di matricola”. Ma alla lunga “mantenere solo il numero è difficile”. Basta che il nome della guardia venga appreso da una detenuta, per far spargere via via la voce. Alla fine, quindi, “anche quella parte di anonimato risulta difficoltosa” e già il solo il fatto di conoscere il nome dell’agente pone in essere un rapporto diverso, “comunque una confidenza diversa”.

05:00

Alla ricerca di guardie carcerarie donne

SEIDISERA 25.01.2024, 18:41

  • Ti-Press

Non è poi sempre agevole separare la vita professionale da quella privata. “Penso che dopo 9 anni la vita lavorativa influisca” anche sulla sfera privata, osserva Selene, citando poi un esempio di deformazione professionale. Nel suo lavoro Selene è precauzionalmente abituata a camminare, non avendo mai detenuti alle spalle. Ebbene, “sembrerà una stupidata”, ma “quando mi siedo al bar, al ristorante, in un luogo pubblico, tendo ad avere le spalle contro una parete o a non avere nessuno dietro”. Mantenendo così “il controllo di quello che c’è dietro di me”.

Fuori dal carcere può anche capitare di imbattersi per strada in un ex detenuto. Cosa succede in questi casi? “Spesso e volentieri salutano, fanno anche quattro chiacchiere...”. Ma se poi si incrocia una persona nota per “essere particolarmente violenta”, è il caso di fare “il giro largo del marciapiede, ecco”.

Quale consiglio darebbe Selene alle donne che vorrebbero intraprendere il suo lavoro? “Non spaventarsi riguardo a questa professione”, ci risponde. Ad aiutare è “un carattere abbastanza forte, non particolarmente emotivo”. Una donna, osserva, può certamente temere l’idea di conflitti fisici, di avere a che fare “con persone considerate pericolose dalla società”. Ma ci sono, precisa, “delle misure di sicurezza e una formazione adeguata”.

Verso la nuova sezione femminile

Nella realtà carceraria ticinese, la presenza di detenute è divenuta senz’altro più consistente. Selene ricorda che quando iniziò la sua formazione non c’erano donne incarcerate: “Ci sono stati mesi e mesi in cui non c’erano donne”. Ma col passare degli anni, ci conferma, la presenza femminile è aumentata sempre di più. “Abbiamo assistito negli ultimi anni ad un incremento notevole”, rileva il direttore delle carceri ticinesi Stefano Laffranchini. Nel 2006, rammenta, era stata dismessa alla Stampa la sezione femminile, “proprio perché i numeri non erano più tali da giustificarla”. Ad oggi però le detenute in Ticino sono oltre una ventina. E ciò è da ricondurre “al loro accresciuto coinvolgimento soprattutto nel commercio di sostanze stupefacenti”.

All’orizzonte c’è quindi una nuova sezione femminile: una struttura con 11 celle, che sarà pronta nel 2025 e la cui mancanza aveva procurato al cantone severe critiche per le dure condizioni di detenzione cui erano sottoposte le donne. Intanto, sono circa una quindicina le donne agenti di custodia. Un numero, afferma Laffranchini, che si vorrebbe portare a oltre 20, “non solo per quanto attiene alla gestione della sezione femminile” ma anche “per avere un po’ un’altra ottica che non sia esclusivamente maschile”.

Correlati

Ti potrebbe interessare