L’8 gennaio del 2021, esattamente tre anni fa, sul cantiere del Du Lac di Paradiso si consumò il dramma. Un operaio italiano venne travolto dal materiale che un collega stava buttando dal sesto piano, attraverso il vano dell’ascensore (utilizzato per sgomberare le camere dell’ex hotel). Il peso dei detriti e l’altezza dalla quale erano stati gettati non gli lasciarono scampo. Il 54enne morì sul posto.
Il giorno stesso due esperti della Suva effettuarono un sopralluogo, a cui seguì un Avvertimento di livello 1. L’impresa di costruzioni – rilevò il rapporto – non aveva adottato tutte le misure di sicurezza necessarie.
Quattro le carenze riscontrate: i vani non erano stati sufficientemente protetti per evitare una caduta; gli interventi in corso ai piani inferiori non erano stati messi al riparo da oggetti provenienti dall’alto; non era stato bloccato l’accesso alla zona di pericolo, al pianterreno; i lavori non erano stati pianificati in modo da ridurre al minimo il rischio di infortuni.
Di parere diverso l’impresa luganese, che si oppose all’avvertimento, riconoscendo solo la prima delle osservazioni formulate. Ma nei mesi scorsi – si è appreso lunedì – il Tribunale amministrativo federale ha respinto in toto il suo ricorso. La sentenza è stata trasmessa al ministero pubblico, che acquisendo agli atti la documentazione della Suva ha potuto esimersi dal commissionare una perizia.
L’inchiesta penale, coordinata dal procuratore pubblico Moreno Capella, si avvia così verso la conclusione. Gli imputati sono tuttora tre: l’operaio che gettò il materiale, il capocantiere e il tecnico che aveva disposto le misure di sicurezza. Nei loro confronti Capella ipotizza i reati di omicidio colposo e violazione delle regole dell’arte edilizia.
norme di sicurezza violate
Il Quotidiano 08.01.2024, 19:00