I frontalieri in Ticino sono calati di numero fra gennaio e la fine di marzo, quando erano 78’645, lo 0,1% in meno rispetto a dicembre. È il dato diffuso lunedì dall’Ufficio federale di statistica. Si tratta del secondo calo trimestrale, che si potrebbe spiegare almeno in parte con l’introduzione nel luglio scorso del nuovo regime fiscale. Frutto dell’accordo fra Svizzera e Italia, aumenta l’imposizione per coloro che iniziano a lavorare in Svizzera, ora chiamati a versare migliaia di euro a Roma. Nei Grigioni, tuttavia, non si constata la medesima flessione: per la prima volta i permessi G hanno superato quota 10’000 (10’671 per la precisione, a fronte dei 9’522 di un anno prima). Perché?
“L’economia funziona bene, soprattutto il turismo. E la nostra demografia è quella che è, non abbiamo i residenti per occupare tutti i posti di lavoro”, afferma il consigliere di Stato Marcus Caduff. A Brusio, per esempio, in una località di 1’100 anime lavorano 500 valtellinesi. “Questa primavera cercavo una cameriera, ho pubblicato un annuncio e si sono fatte avanti 50 persone, per la maggior parte frontaliere”, racconta l’albergatore Davide Migliacci.
E l’impatto accresciuto del prelievo fiscale non basta a scoraggiare. Come spiega Giuseppe Gobbi Frattini della Inforlife, azienda farmaceutica con oltre 200 dipendenti, per il 99% lombardi: la retribuzione media è di 3’300 franchi lordi al mese, “quindi un salario netto mensile sui 2700/2’800 euro, mentre in Italia non dovrebbe arrivare oltre i 1’500. Se aggiungiamo un prelievo fiscale per questa nuova imposizione per il nuovo frontaliere, potremmo avere un’incidenza di 3-4’000 franchi meno all’anno. Però la forbice rimane sempre molto ampia”.
Non si attende un forte impatto nemmeno Maurizio Michael, presidente del consiglio di amministrazione del Centro sanitario Bregaglia. Tre quarti dei medici e degli infermieri arrivano dalla Valchiavenna. Michael mette l’accento su un fattore forse decisivo, quello della distanza da percorrere e quindi dell’impatto delle trasferte verso il posto di lavoro sulla qualità di vita: “Chi viene qui”, dice, “non deve fare una trasferta lunga” e quindi “immagino che il lavoro rimanga interessante anche in futuro”.
Potrebbero diventare meno attrattive, invece, le regioni più lontane dal confine con l’Italia... o da quello con l’Austria, da dove - come ricorda il consigliere di Stato Caduff, c’è chi si sposta fino alla zona di Coira. I Grigioni, sottolinea però, non vogliono proporsi solo come luogo dove lavorare, ma anche come posto attraente dove trasferirsi e vivere.
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