"Il viaggio del tampone, se viene da un ospedale, comincia nel laboratorio interno. Poi via trasporto arriva da noi e come trasporto abbiamo utilizzato di tutto, dalla polizia ai tassisti. Oggi ci siamo organizzati con i nostri mezzi regolari e una ditta privata": Gladys Martinetti, dell'EOLAB dell'Ente ospedaliero cantonale, ha spiegato ad Albachiara come funziona in Ticino l'analisi dei test del COVID-19.
"Lavoravamo senza sosta dalle 08.00 a mezzanotte"
L'avvento della malattia ha cambiato completamente il modo di lavorare del laboratorio, investito da una mole di lavoro "ingentissima e concentrata in pochissime settimane", che è andata ad aggiungersi "a tutte le analisi che già facevamo di routine" e che ha costretto ad adottare nuove soluzioni: "Abbiamo cominciato con sei tecnici di laboratorio, quattro capiservizio e un collaboratore scientifico, lavorando per tre settimane senza interruzione dalle 08.00 a mezzanotte. Oggi siamo una trentina e abbiamo turni più o meno vivibili distribuiti su tutta la giornata". Nei primi giorni i campioni ticinesi dovevano passare da Ginevra, ma una volta ottenuto il permesso ora sono tutti esaminati in Ticino.
I tamponi arrivano scaglionati, ogni due ore, per avere un ritmo regolare, e i risultati escono di continuo: i primi alle 07.00 del mattino, gli ultimi a mezzanotte. "Non ci sono falsi positivi", spiega la specialista, "ma possono esserci falsi negativi, se il tampone non è stato fatto bene o se il virus in quel momento non era presente nel nasofaringe". Talvolta, però, altri segnali (per esempio le radiografie) indicano che la malattia è conclamata: il virus può essere quindi cercato (e trovato) anche altrove, come nell'espettorato.
Test degli anticorpi
Il futuro sono i test sugli anticorpi: "È un'analisi indiretta", spiega Martinetti. "Sempre di più ci sono test che stiamo già verificando e validando. C'è già un progetto sul personale ospedaliero, ma si pensava di farla anche su una parte della popolazione ticinese" per verificare in quanti si siano effettivamente ammalati di COVID-19, magari in modo asintomatico. "Si pensa che quando non ci sono più i sintomi la persona non sia più infettiva, ma non sappiamo ancora bene quanto gli anticorpi siano protettivi. Le analisi sierologiche, ripetute a scadenze regolari nel tempo, permetterebbero di vedere quanto a lungo rimangono gli anticorpi e se sono come quelli dell'influenza, dove la protezione si affievolisce dopo un po'".