I rappresentanti dei frontialieri italiani che nei mesi scorsi hanno protestato a Ponte Tresa hanno incontrato giovedì a Roma i senatori della Repubblica, spiegando loro la particolare situazione di lavoratori italiani impiegati in Svizzera. Il portavoce della neonata associazione frontalieri Ticino, Eros Sebastiani, ha chiesto in particolare che il fisco di Roma non applichi la mannaia sulle loro buste paghe.
La protesta che ha preso avvio nei mesi scorsi a Ponte Tresa – con un’assemblea in un’ala di un supermercato – ora si è messa in giacca e cravatta ed è venuta a parlare ai senatori della Repubblica. La delegazione era composta da cinque persone e capitanata da Eros Sebastiani, portavoce della neonata associazione frontalieri Ticino.
“L’accordo del 1974 era stato fatto dai politici coinvolgendo però i sindacati e i sindaci del territorio – ha detto Sebastiani – mentre quello appena raggiunto è invece stato fatto solo dai governi di Berna e Roma senza tenere conto delle problematiche e delle ricadute sui comuni italiani di frontiera e sul canton Ticino”.
I rappresentanti dei lavoratori
Hanno incontrato i senatori anche i sindacati. Mirko Dolzadelli, segretario nazionale dei frontalieri della Cisl ha detto di aver “notato una certa attenzione su questo tema. Tutti però, sia noi sia i senatori, abbiamo dovuto constatare che si parla molto dell’accordo ma non abbiamo ancora potuto vedere un testo preciso”.
I sindacati dei frontalieri giovedì avranno un nuovo incontro, questa volta al Ministero dell’Economia e delle Finanze, dove potranno entrare nello specifico. Tra le richieste, l’allungamento dei tempi di applicazione dell’accordo per diluire nel tempo l’aumento della tassazione da parte italiana e la richiesta della creazione di uno statuto dei lavoratori. Una nuova manifestazione di protesta è prevista a Lavena Ponte Tresa il 2 aprile.
CSI/sf/ab/Claudio Bustaffa