Non sono mancate le espressioni di condanna, l’assunzione di responsabilità e la volontà di un cambiamento culturale da parte della diocesi di Lugano che oggi, durante una conferenza stampa, ha preso posizione sull’inchiesta dell'Università di Zurigo riguardante gli oltre 1'000 casi di abusi sessuali commessi in Svizzera da chierici cattolici.
Ma quanto sono credibili queste parole? Lo abbiamo chiesto a Markus Krienke, professore di filosofia moderna e di etica sociale alla Facoltà di Teologia di Lugano
“Assunzione di responsabilità è una parola evidentemente difficile, perché chi ha parlato oggi non ha una responsabilità personale per quello che è successo nei lunghi decenni passati in diocesi. Questo è un po’ un problema all'interno della Chiesa, spesso chi parla si assume la responsabilità e uno si chiede: ma concretamente che cosa significa? Per essere veramente credibili in questa responsabilità bisogna fare dei passi concreti. E questo vuol dire anche istituzioni nuove, procedure nuove in piena trasparenza. Il potere della Chiesa ha il problema di essere spesso non trasparente.”
La Chiesa è pronta per una vera riforma strutturale, di pensiero e di cultura?
“Io direi soprattutto di introdurre nella Chiesa un'istituzione di garanzia della giustizia. In questo momento tutto il potere all'interno della diocesi è ovviamente concentrato in un vescovo e se un vescovo ordina, ad esempio, di insabbiare o di distruggere materiale di archivio questo viene fatto. Io credo che ci voglia un'istituzione fatta anche da laici, da donne, non soltanto dal clero stesso. Un’istituzione di controllo e di garanzia della giustizia perché altrimenti il clero continua - in un certo senso - a sorvegliare il clero e questo crea questi cortocircuiti all'interno dei quali è molto facile insabbiare oppure in qualche modo far perdere le tracce di queste vittime.”
Markus Krienke, professore di filosofia moderna e di etica sociale alla Facoltà di Teologia di Lugano
C’è poi la grande difficoltà di far emergere il racconto delle vittime. Al di là proprio dei lavori della Commissione diocesana, che ha portato a dei risultati comunque piuttosto limitati, non si dovrebbe forse fare di più?
“Certamente si deve fare di più e specialmente fare di più, spiegando anche quello che fa. Spesso la Diocesi dice: ‘Facciamo, ci mettiamo al lavoro? Ma poi che cosa viene concretamente fatto? Io credo che senza questa trasparenza non si riguadagna la fiducia che ci vuole. Che cosa si fa concretamente per avviare questo cambiamento culturale di cui giustamente il vescovo De Raemy oggi ha parlato? Ci vuole un cambiamento culturale all'interno della Chiesa. Ma questo significa che la Chiesa deve arrivare nella società moderna, non può avere un'idea di potere di 100 anni fa. Per affrontare i problemi di oggi le vittime vanno prese sul serio, ma prese come persone con i loro diritti fondamentali, con i loro dolori, con quello che hanno subìto. Forse alla Chiesa, in questo momento, mancano i meccanismi giusti.”
Altre diocesi in Svizzera oggi si sono mosse, 3 hanno indetto una conferenza stampa. La volontà di comunicare c'è, però sempre a “rimorchio”.
"È soprattutto anche il modo in cui avviene questa assunzione di responsabilità. Soltanto un alto prelato in questo momento si è autosospeso. Quindi i responsabili ci sono ancora e ci sono anche in posti chiave nella conduzione della Chiesa. Che cosa significa? Aspettiamo ancora nella speranza di insabbiare di nuovo oppure che le indagini non portino poi a determinati risultati? L'assunzione di responsabilità ha un'altra faccia e io credo che all'interno della Chiesa svizzera molti devono - in maniera molto critica – porsi la domanda. Perché altrimenti se non si affronta in maniera attiva questo problema, si arriva sempre in ritardo, si arriva sempre all'ultimo quando ormai non c'è più nulla da fare. Se adesso non si affronta la situazione - e vuol dire capire che le responsabilità hanno in parte anche nomi e cognomi - da questa crisi di fiducia nei confronti della Chiesa non se ne esce più.”
Intervista al professore di filosofia moderna Markus Krienke
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