Nel cuore di Brissago, la storia ha ripreso vita sabato, in occasione della Giornata della Memoria. L’evento “Brissago e i profughi dall’Italia 1943-1945”, sostenuto dal Comune e organizzato dal Gruppo per la Memoria, ha offerto un commovente ritorno al passato, con una particolare attenzione alle migliaia di profughi che, ottant’anni fa, attraversarono il confine tra Italia e Svizzera in cerca di salvezza.
Durante la conferenza, gli storici ticinesi Marino Viganò e Adriano Bazzocco hanno rievocato la situazione politica e umanitaria: “All’epoca il consigliere federale Eduard von Steiger convocò a Bellinzona i responsabili dell’internamento e chiarì che le decisioni in merito all’accoglienza erano in mano al Cantone, e che tendenzialmente accoglieva chiunque”. In quell’occasione von Steiger disse anche che la gestione delle entrate era estremamente disordinata e che non sarebbe stato possibile andare avanti in quel modo. Non tutti, infatti, vennero accolti.
Le tragiche sorti della famiglia Grauenberger
La famiglia Gruenberger, di origine ebraica istriana, cercò rifugio attraversando il confine dall’Italia verso la Svizzera ma il destino non fu benevolo con loro. Il 18 dicembre 1943, mentre tentavano di sfuggire alle persecuzioni nazifasciste, la maggior parte dei membri della famiglia fu respinta al confine svizzero. Solo Edith Gruenberger, una giovane sposa incinta, fu accolta e si salvò.
Per commemorare questa tragica storia e onorare la memoria della famiglia Gruenberger, sono state posate delle “pietre di inciampo” a Brissago. Queste pietre fanno parte di un più ampio progetto europeo che mira a ricordare le vittime del nazismo, posizionando piccole lastre di ottone incise con i nomi e le storie delle vittime di fronte alle loro ultime residenze note o luoghi significativi. .
“Una politica oscillante”
Bazzocco ha evidenziato l’ambivalenza della politica svizzera nei confronti dei rifugiati: “Una politica oscillante e talvolta restrittiva”. Inoltre, ha specificato il ruolo cruciale di Brissago, dove sono state accolte oltre 200 persone in fuga dal fascismo. Nonostante le politiche fluttuanti e un antisemitismo sotterraneo, il Ticino ha rappresentato un faro di speranza per molti.
L’evento non solo ha reso omaggio a coloro che hanno cercato rifugio, ma ha anche evidenziato l’importanza dell’accoglienza e della solidarietà umana in tempi di disperazione.