Un quarto dei licei della Svizzera tedesca continua a non offrire lezioni di italiano e questo nonostante ci sia un obbligo di legge. Dal Ticino si continua a lanciare l'allarme, ma a Berna - così pare - si preferisce chiudere un occhio.
Il dato era emerso lo scorso anno da uno studio della Conferenza dei direttori cantonali della pubblica educazione. Il 26% dei licei in Svizzera tedesca continua a non offrire l'italiano come disciplina fondamentale. Uno studio che ha portato prima a una presa di posizione del Forum per l'italiano in Svizzera e successivamente anche a un'interpellanza al Consiglio federale del deputato Marco Romano. Perché, è bene ricordarlo, se una maturità vuol essere riconosciuta a livello nazionale, deve rispettare una serie di condizioni minime, tra cui vi è, appunto, la possibilità di poter seguire corsi di italiano anche come disciplina fondamentale. Berna però, con le sue risposte (e l'ultima è proprio degli scorsi giorni), sembra tergiversare. Lo conferma Diego Erba, coordinatore del Forum per l'italiano in Svizzera.
"È una risposta politichese. L'unico aspetto positivo è che dicono, con la nuova ordinanza federale di maturità daremo mandato alla Commissione svizzera di maturità di vigilare meglio", dice Erba.
Vigilare però non significa correggere. E qui in effetti vi è un'inadempienza, che in teoria porta ad avere delle maturità non riconosciute nel resto della Svizzera...
"Esatto, corretto. Se non si rispetta l'ordinanza federale di maturità, i titoli non dovrebbero essere rilasciati come validi per l'intera Svizzera. E invece anche qui le autorità cantonali e federali hanno chiuso entrambi gli occhi", sottolinea Erba.
Ma perché non viene data quest'offerta?
"Le rispondo citando un responsabile dell'insegnamento del Canton Basilea, che in pratica giustifica questa mancata offerta dell'italiano come disciplina fondamentale, per il fatto che gli allievi non la scelgono. Ma se non la scelgono è perché non la offrono! Quindi, evidentemente è una risposta di comodo. E in numerosi licei preferiscono non offrirla".
Dopo le risposte considerate da voi poco soddisfacenti del Consiglio federale e della Commissione svizzera di maturità, cosa vi resta da fare? Quali potrebbero essere i prossimi passi?
"Da come stanno le cose, per il momento non è che possiamo fare molto. Quello che si potrà fare (nell'ambito soprattutto della Conferenza svizzera dei direttori della pubblica educazione, attraverso i rappresentanti del Canton Ticino e del Canton Grigioni) sarà sollecitare nuovamente i Cantoni (che comunque hanno la loro autonomia) a offrire l'italiano come disciplina fondamentale.
Vi sentite inascoltati?
"Più che inascoltati, dimenticati, perché io dico sempre: se una persona non rispetta un obbligo di legge viene sanzionata. E qui invece si scaricano i barili da un posto all'altro. L'Autorità federale dice che c'è l'autonomia dei cantoni; la Conferenza svizzera dei direttori della pubblica educazione dice che sono i cantoni che devono ossequiare; i cantoni, demandano agli istituti; gli istituti non fanno, e quindi alla fine è uno scaricabarile", dice Erba.
Il parere del presidente della Commissione svizzera di maturità, Hans Ambühl
Quella sottolineata dal coordinatore del Forum per l'italiano in Svizzera, Diego Erba, è una problematica conosciuta. Una questione che al nord, in realtà, non vuole essere ignorata e che va corretta, garantisce Hans Ambühl, il presidente della Commissione svizzera di maturità.
"La Commissione svizzera di maturità non conosce le cause e i motivi dei singoli casi, ma per noi non importano cause o motivi. Il fatto è che il Regolamento nazionale di riconoscimento della maturità liceale chiede che ogni allievo abbia la possibilità di scegliere l'italiano come materia di maturità, cioè materia fondamentale oppure opzione specifica, frequentando le lezioni nella propria scuola o, se troppo piccola quest'ultima, in una scuola della stessa zona raggiungibile per l'allievo. E questo è il fatto giuridico", spiega Ambühl.
Si dice: bisogna vigilare su questa irregolarità. Però qui è proprio una violazione della legge, perché questa violazione non viene corretta, non è ancora stata corretta?
"Certo che andrà corretta questa inadempienza. Un nuovo regolamento sulla maturità liceale entrerà in vigore l'anno prossimo. La Commissione svizzera, istanza congiunta del Consiglio federale e dei Cantoni, avrà il mandato di verificare se ciascuna delle scuole già riconosciute rispetta le condizioni di riconoscimento secondo il nuovo regolamento. Già durante l'anno corrente comunicheremo ai Cantoni che la Commissione svizzera di maturità verificherà, anche se l'offerta dell'italiano come materia di maturità sia garantita".
Secondo lei, come sta il plurilinguismo svizzero a livello di insegnamento liceale?
"Il plurilinguismo svizzero è sempre qualcosa da difendere e da sviluppare. I corsi bilingue sono uno sviluppo moderno dei giorni nostri. E già un incoraggiamento, bisogna seguire questo cammino, ma certo che la concorrenza con la lingua inglese è importantissima".
L'opinione del professore emerito Renato Martinoni
Stando a quanto detto, pare certo che l'inadempienza sarà corretta e che la Commissione avrà il mandato di verificare che le scuole rispettino le condizioni di riconoscimento della maturità liceale.
Renato Martinoni, professore emerito all'università di San Gallo, da sempre attento a questa problematica, si è definito a questo riguardo "speranzoso". "Il problema è vecchio e sembra non voler essere risolto", spiega Martinoni, imputando la responsabilità al mondo politico, che deve "intervenire con determinazione e far rispettare le regole".
Per quanto concerne invece l'insegnamento, Martinoni difende la conoscenza culturale che l'apprendimento di nuove lingue veicola. "Dobbiamo sempre ricordare che una lingua non è semplicemente una grammatica o un obbligo costituzionale: dietro a una lingua c'è un mondo" - spiega il professore -. "E quando dico che dietro alla lingua c'è un mondo voglio dire che imparando la lingua si imparano tante altre cose: capire una realtà, conoscerla meglio". Una dimensione della lingua spesso tralasciata per la quale "occorrerebbe lavorare molto".
E se l'apprendimento della sola cultura non è sufficiente a incentivare i giovani ad avvicinarsi all'italiano, come si può invogliarli? "Intanto ricordiamo una cosa: che le tre lingue maggiori nazionali svizzere permetterebbero di parlare, solo in Europa, con circa 200 milioni di persone", risponde Martinoni.
Inoltre "il nostro piccolo Ticino, la Svizzera italiana, devono essere conosciuti meglio", - continua -. "A nord delle Alpi c'è un obbligo, un obbligo costituzionale, istituzionale e morale che dovrebbe convincere le persone ad avvicinarsi al nostro mondo, anche linguistico".