Ticino e Grigioni

La lingua del covid? “Moderna e adatta ai social”

Uno studio ha analizzato la comunicazione istituzionale durante il periodo della pandemia nella Svizzera italiana

  • 11 aprile, 21:25
  • 11 aprile, 21:25
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La comunicazione istituzionale durante la pandemia

Il Quotidiano 11.04.2024, 19:00

Di: Quotidiano/RSI Info 

Uno studio ha analizzato in modo dettagliato l’italiano usato dalle istituzioni - in primis ticinesi - durante tutta l’emergenza pandemica.

 “Siamo per esempio andati a guardare la scelta delle parole. I tecnicismi erano molto contenuti e quando non si potevano evitare venivano spiegati. La stessa cosa con gli anglicismi” spiega Angela Ferrari, professoressa di linguistica italiana all’Università di Basilea, che aggiunge: “Siamo giunti alla conclusione che il Ticino sia per la regia della comunicazione che poi per la sua espressione linguistica sia stato veramente attento a parlare ai cittadini”.

La lingua è stata giudicata moderna e adattata anche a social e slogan ufficiali. E non è mancata la comparazione con l’italiano istituzionale usato in Italia. “La Svizzera – precisa la signora Ferrari - ha un’impostazione comunicativa più anglosassone per cui parlar bene non è parlar difficile. L’Italia per la tradizione porta con sé questa idea per cui parlar bene è parlare astratto, difficile e complesso”.

Non tutto è stato perfetto. Scivoloni e “letargie varie” - è stato detto - non sono mancati. “Ci sono stati strafalcioni comunicativi – dice Ferrari - L’uso di metafore non proprio felici e anche qualche strafalcione grammaticale e di costruzione del testo. Tutto nella norma… La nostra valutazione è proprio sulla comunicazione... non sulle scelte fatte, una valutazione che pertiene ad altre persone”.

Una precisazione non espressa a caso. Durante la presentazione del volume non sono mancate tra il pubblico contestazioni di carattere etico e politico sulle decisioni prese dalle autorità durante la pandemia.

Ma cosa può trarne un lettore non specialista dalla lettura di questo testo? “Fondamentalmente – precisa Bruno Moretti, professore emerito di linguistica italiana all’Università di Berna - può rivolgere la domanda che ha il diritto di rivolgere, ovvero: come è stato comunicato, come si sono comportate le persone che erano responsabili dell’informazione e lo può fare attraverso il cannocchiale o la lente di persone che lavorano con metodo scientifico, quindi che sono in grado di distinguere tra ciò che è soggettivo e ciò che è oggettivo”.

Il libro, pubblicato da Casagrande, è già in vendita nelle librerie e può essere scaricato gratuitamente in formato pdf sul sito della casa editrice.

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