"L’amavo come una sorella, anzi di più": ha raccontato in aula Michele Egli, nel ripercorrere il rapporto che lo univa alla cognata Nadia Arcudi, uccisa il 14 ottobre del 2016 a Stabio e per questo delitto rinviato a giudizio con l’accusa principale di assassinio.
In un’aula penale gremita è stato interrogato a lungo martedì sul suo rapporto con la vittima. L’ex collaboratore informatico della SUPSI ha sostenuto che il suo era "solo un amore fraterno…; non ero innamorato di lei…; nè geloso del compagno con cui intendeva convivere": le voleva molto bene e faceva di tutto per passare del tempo con lei, riempiendola di regali.
In Nadia aveva trovato il rapporto che non aveva mai avuto con la sorella, ha aggiunto, ricordando di non aver "mai litigato", anche se sovente veniva rimproverato per le sue "manifestazioni di affetto, considerate troppo eccessive".
"In alcuni momenti ero per lei come un padre…; le ho insegnato a guidare…; l’aiutavo a compilare le tasse", ha dichiarato ancora il 43enne, che ha risposto a tutte le domande che gli venivano poste dalla Corte, presieduta dal giudice Amos Pagnamenta. Il processo dovrebbe concludersi non prima di venerdì pomeriggio, con la lettura del dispositivo della sentenza. Rischia il carcere a vita.
CSI/sf/bin