Oggi (mercoledì) si è tenuta la tradizionale distribuzione di polenta e merluzzo nel comune di Vacallo che, aprendo alla Quaresima, segna la fine degli eccessi e dei bagordi carnevaleschi. Un piatto magro, che controbilancia l'incetta di cibi grassi che contraddistingue le festose giornate appena passate. Un piatto magro che tuttavia richiede impegno e dedizione.
Nove calderoni accesi, 350 litri d'olio per un totale di 1'200 porzioni di merluzzo. "È un lavoraccio, è dalle cinque che siamo qui", dichiara uno dei cuochi intervistati dalla RSI, che ha acceso le telecamere nel luogo d'origine dello storico menù per assistere alla manifestazione. "Il merluzzo noi l'abbiamo già in casa da qualche giorno, sotto sale" poi, alla mattina presto, verso le "4.30 i primi della società provvedono a prepare la pastella".
Queste le indicazioni di massima per la preparazione del piatto, ma per il cuore della ricetta bisogna rassegnarsi. Questa infatti rimane rigorosamente "segreta". "Unghie di dinosauro", ironizza un membro della società Polenta e merluzzo; "C'é la birra", concede un altro. Sicuramente tanta passione, per una tradizione che da oltre 80 anni riunisce grandi e piccini per onorare il mercoledì delle ceneri in tutto il mendrisiotto.
Feste di carnevale, un periodo in cui rivivono usi e costumi delle tradizioni popolari
"Il merluzzo compare non a caso il mercoledì delle ceneri, essendo un cibo magro rispetto alla carne che durante la settimana grassa è stata ampiamente consumata", spiega Giovanna Ceccarelli ai microfoni di Seidisera, del centro di dialettologia e di etnografia della Svizzera italiana.
Alla base della scelta culinaria proposta oggi a Vacallo ci sono dunque due periodi dell'anno contrapposti: uno caratterizzato da "un'incetta di cibi grassi", l'altro "di mortificazione e di digiuno, in vista della Quaresima". Una dualità esplicitata ad esempio a Menzonio, nel comune di Lavizzara. "C'erano due persone che si mettevamo a disposizione per inscenare una vera e propria lotta. L'uno era vestito in modo sgargiante, l'altro ero magro, vestito di bianco", racconta Ceccarelli, illustrando questo rito di espiazione tipico dei carnevali di stampo arcaico.
Al lontano passato non risalgono solamente usanze e costumi, ma anche nomi e soprannomi delle festività appena trascorse. Un esempio lo porta il principe dei carnevali ticinesi, quello della capitale, che deve il suo nome al dialetto milanese medioevale. "Bellinzona e Milano sono legate a doppio filo già dal '400", quando con la parola Rabadan s'indicava la "confusione, il baccano".
Nebiopoli? Da "nebiatt", il soprannome degli abitanti di Chiasso, perché nel Comune di confine "c'é spesso la nebbia". Or Penagin di Tesserete? "È un diminutivo di penagia, che è la zangola, lo strumento usato per fare il burro".
Come si è visto, "il carnevale prende spesso il soprannome degli abitanti di quel paese; [...] spesso deriva da caratteristiche che quelli del villaggio di fronte riscontravano negli altri". Per cui abbiamo i "cavri, i gat, i mat, i asan, i mui" (capre, gatti, matti, asini e muli n.d.r). E chissà che il futuro non ci regalerà nuovi nomignoli.
Carnevale tra festa e tradizioni
SEIDISERA 22.02.2023, 18:40