Si precisano sempre di più i contorni dell’accoltellamento avvenuto al Quartiere Maghetti il 21 ottobre scorso, che sfociò nel ferimento di quattro persone. L’ipotesi di un regolamento di conti tra gruppi rivali (i sudamericani da una parte, gli albanesi dall’altra) ha trovato conferma. L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore generale Antonio Perugini, ha stabilito anche quale fu l’antefatto che portò alla maxi-rissa.
Durante il fine settimana precedente, il 14 ottobre, il fratello di una delle cinque persone arrestate (il 22enne svizzero d’origine serba) rimase vittima di un pestaggio; sempre nel centro di Lugano, a pochi passi da un altro locale notturno. Per vendicarsi il 22enne, rappresentato da Ugo Haab, assoldò i suoi tre amici: il presunto accoltellatore (un colombiano di 45 anni), un boliviano di 23 e un cubano di 25. Partirono da Chiasso, alla ricerca degli albanesi. Avevano già desistito dal loro intento iniziale quando – sempre secondo loro – li incontrarono casualmente al Maghetti.
Dalle indagini emerge anche un altro, inquietante dettaglio: con loro i quattro avevano pure una pistola. L’arma è stata ritrovata. Gli inquirenti l’hanno recuperata grazie alle dichiarazioni del boliviano, difeso dall’avvocato Egidio Mombelli. Tutti e cinque sono ancora dietro le sbarre. Il 23enne sta già scontando anticipatamente la pena.
Francesco Lepori